Emergenza idrogeologica Cogne -Cervinia
Intervento per l'evacuazione di 19
Analisi di un intervento psicologico in emergenza - Cervinia luglio 2024
La PC Regionale, attraverso il COC di Valtournenche, il 4 luglio 2024 ha richiesto l’attivazione dell’équipe psicologica, composta da Alì Massimiliano, Cassetto Doris, Nones Erika e Venturella Elvira, per il supporto alla popolazione di Cervinia, colpita dalla distruzione di una parte del paese, a causa dell’esondazione del torrente Marmore.
Nell’esperienza della Valle d’Aosta, lo psicologo convenzionato con la PC, non è solo quell’operatore con una specifica professionalità, preposto cioè al supporto psicologico delle persone coinvolte nell’emergenza o agli operatori del soccorso, ma è un volontario come gli altri, che può assolvere ai più svariati compiti. In questa situazione è stata attribuita priorità al sostegno psicologico con carattere di urgenza, in un contesto emergenziale particolare, dove tutti erano immersi nel fango, accanto alle persone coinvolte nell’evento, e tutti lavoravano senza tregua per ripulire il disastro dell’esondazione.
E’ stato quindi un intervento precoce e diverso dal solito. Non c’era spazio per un setting psicologico, come lo intendiamo tradizionalmente o lo abbiamo sinora sperimentato, ma abbiamo vissuto un luogo d’ azione dove il vortice emotivo era palpabile ma il gesto concreto diveniva prioritario per poter “stare accanto”, per “condividere” il sentire, in quel momento di stupore e sconforto collettivo.
Per poter esserci, ci si doveva immergere in quel luogo, infangandosi come gli altri, per essere utili, ma anche attenti, vicini, pronti ad accogliere, ad ascoltare, a sostenere. Per noi è stato impensabile immaginare un modo diverso di operare. Abbiamo coniato il termine di “spalapsicologo”, un po' per prenderci in giro, ma più passava il tempo e più sentivamo che quello era il da farsi, era il modo giusto di intervenire, di porre le basi per tessere relazioni d’aiuto.
A questo proposito ricordo l’intervento di alcuni anni fa, accanto ad una signora anziana che, avendo la casa ed il negozio distrutto dalla valanga, passò diverse ore ad asciugare e a piegare fogli di carta alimentare, probabilmente irrecuperabili, insieme a noi, nel tentativo di sentire che non tutto era perso, che si poteva andare avanti e dare disperatamente un senso a ciò che stava vivendo.
A Cervinia, oltre a ripulire scantinati e materiali di montagna, abbiamo lavato con ostinata perseveranza abiti intrisi di fango, insieme all’anziana proprietaria del negozio, perché era ciò che lei poteva fare in quel momento, era ciò che le serviva, per non precipitare in una voragine di sconforto. Significava per lei ribellarsi all’inerzia e al senso di impotenza e agire “contro il fango”, liberare e liberarsi da questa coercizione e ristabilire un minimo di controllo su di sè e sulle proprie cose. Non è stato semplice dare un senso a quell’azione, sia per i familiari sia per i volontari che, in contemporanea, stavano liberando gli ambienti da un’incredibile quantità di detriti; quel gesto, sembrava loro una inutile perdita di tempo, uno spreco di risorse e di acqua.
Abbiamo dimostrato che, seppur l’interesse economico per quegli indumenti fosse minimo, per la signora, concentrare le sue energie su piccole cose dal valore non quantificabile, le aveva dato la forza e la consapevolezza che insieme agli altri, avrebbe potuto farcela. Piano piano anche gli operatori addetti ai lavori di ripristino “importanti”, hanno accolto e accettato quella modalità di azione poco finalizzata in senso tradizionale ma avente uno scopo preciso. Si era quindi sviluppato, in poco tempo, un senso di comunità, solidale e coesa, si è costituito un gruppo, unito dall’obiettivo di dare il meglio e il massimo, tenendo conto anche delle “necessità psicologiche”, gruppo di cui noi orgogliosamente sentivamo di far parte integrante.
Ciò ha permesso alle persone, vittime di un evento devastante, di stabilire con noi un rapporto più stretto, empatico, di aprirsi e di confidarsi, di esprimere pensieri, emozioni e sentimenti, a volte indicibile anche ai propri cari, di riconoscere nel nostro “stare accanto”, una funzione psicologica, “molto presente ma non invadente” (espressione di un comune cittadino).
A questo proposito vogliamo ricordare come la proposta di supporto psicologico, presentata dal dirigente della PC alla Sindaca, in un incontro al COC, abbia suscitato subito perplessità e preoccupazione: come avrebbero reagito i suoi “montanari” alla presenza di psicologi? La rassicurazione sul fatto che fossimo persone del luogo, abituate ad agire in contesti simili e con una certa esperienza, ha spinto la Sindaca ad accogliere la proposta. La mattina in cui siamo arrivati, attrezzati con guanti e stivali, ci siamo chiesti se non fosse il caso di presentarci come volontari di PxP, senza esporre l’etichetta di psicologo. Lavorando e dialogando con le persone, è emerso in fretta che mestiere si svolgeva nella quotidianità e ciò ha suscitato apprezzamento, interesse, voglia di prendersi il tempo per scambiare due parole, di fare qualche battuta ironica, di lasciarsi andare, di essere se stessi, utilizzandoci come uno strumento in più per affrontare l’avversità.
I timori della Sindaca, da noi condivisi all’inizio per una forma di identificazione più emotiva che razionale, erano forse eccessivi ma realistici nell’ immaginario collettivo di un paese di montagna.
Successivamente abbiamo potuto riflettere con lei sul nostro operare ed i suoi ringraziamenti, proprio per quella modalità “concreta ma professionale” di intervento, sono stati davvero gratificanti.
E’ stato mobilitato il mondo dei dipendenti e del volontariato che opera in emergenza, con una spinta all’adesione spontanea e immediata di questi e di tante altre persone comuni che si sono adoperate con tutte le loro energie per fronteggiare l’evento calamitoso.
Analisi di un intervento psicologico in emergenza - Cervinia luglio 2024
La PC Regionale, attraverso il COC di Valtournenche, il 4 luglio 2024 ha richiesto l’attivazione dell’équipe psicologica, composta da Alì Massimiliano, Cassetto Doris, Nones Erika e Venturella Elvira, per il supporto alla popolazione di Cervinia, colpita dalla distruzione di una parte del paese, a causa dell’esondazione del torrente Marmore.
Nell’esperienza della Valle d’Aosta, lo psicologo convenzionato con la PC, non è solo quell’operatore con una specifica professionalità, preposto cioè al supporto psicologico delle persone coinvolte nell’emergenza o agli operatori del soccorso, ma è un volontario come gli altri, che può assolvere ai più svariati compiti. In questa situazione è stata attribuita priorità al sostegno psicologico con carattere di urgenza, in un contesto emergenziale particolare, dove tutti erano immersi nel fango, accanto alle persone coinvolte nell’evento, e tutti lavoravano senza tregua per ripulire il disastro dell’esondazione.
E’ stato quindi un intervento precoce e diverso dal solito. Non c’era spazio per un setting psicologico, come lo intendiamo tradizionalmente o lo abbiamo sinora sperimentato, ma abbiamo vissuto un luogo d’ azione dove il vortice emotivo era palpabile ma il gesto concreto diveniva prioritario per poter “stare accanto”, per “condividere” il sentire, in quel momento di stupore e sconforto collettivo.
Per poter esserci, ci si doveva immergere in quel luogo, infangandosi come gli altri, per essere utili, ma anche attenti, vicini, pronti ad accogliere, ad ascoltare, a sostenere. Per noi è stato impensabile immaginare un modo diverso di operare. Abbiamo coniato il termine di “spalapsicologo”, un po' per prenderci in giro, ma più passava il tempo e più sentivamo che quello era il da farsi, era il modo giusto di intervenire, di porre le basi per tessere relazioni d’aiuto.
A questo proposito ricordo l’intervento di alcuni anni fa, accanto ad una signora anziana che, avendo la casa ed il negozio distrutto dalla valanga, passò diverse ore ad asciugare e a piegare fogli di carta alimentare, probabilmente irrecuperabili, insieme a noi, nel tentativo di sentire che non tutto era perso, che si poteva andare avanti e dare disperatamente un senso a ciò che stava vivendo.
A Cervinia, oltre a ripulire scantinati e materiali di montagna, abbiamo lavato con ostinata perseveranza abiti intrisi di fango, insieme all’anziana proprietaria del negozio, perché era ciò che lei poteva fare in quel momento, era ciò che le serviva, per non precipitare in una voragine di sconforto. Significava per lei ribellarsi all’inerzia e al senso di impotenza e agire “contro il fango”, liberare e liberarsi da questa coercizione e ristabilire un minimo di controllo su di sè e sulle proprie cose. Non è stato semplice dare un senso a quell’azione, sia per i familiari sia per i volontari che, in contemporanea, stavano liberando gli ambienti da un’incredibile quantità di detriti; quel gesto, sembrava loro una inutile perdita di tempo, uno spreco di risorse e di acqua.
Abbiamo dimostrato che, seppur l’interesse economico per quegli indumenti fosse minimo, per la signora, concentrare le sue energie su piccole cose dal valore non quantificabile, le aveva dato la forza e la consapevolezza che insieme agli altri, avrebbe potuto farcela. Piano piano anche gli operatori addetti ai lavori di ripristino “importanti”, hanno accolto e accettato quella modalità di azione poco finalizzata in senso tradizionale ma avente uno scopo preciso. Si era quindi sviluppato, in poco tempo, un senso di comunità, solidale e coesa, si è costituito un gruppo, unito dall’obiettivo di dare il meglio e il massimo, tenendo conto anche delle “necessità psicologiche”, gruppo di cui noi orgogliosamente sentivamo di far parte integrante.
Ciò ha permesso alle persone, vittime di un evento devastante, di stabilire con noi un rapporto più stretto, empatico, di aprirsi e di confidarsi, di esprimere pensieri, emozioni e sentimenti, a volte indicibile anche ai propri cari, di riconoscere nel nostro “stare accanto”, una funzione psicologica, “molto presente ma non invadente” (espressione di un comune cittadino).
A questo proposito vogliamo ricordare come la proposta di supporto psicologico, presentata dal dirigente della PC alla Sindaca, in un incontro al COC, abbia suscitato subito perplessità e preoccupazione: come avrebbero reagito i suoi “montanari” alla presenza di psicologi? La rassicurazione sul fatto che fossimo persone del luogo, abituate ad agire in contesti simili e con una certa esperienza, ha spinto la Sindaca ad accogliere la proposta. La mattina in cui siamo arrivati, attrezzati con guanti e stivali, ci siamo chiesti se non fosse il caso di presentarci come volontari di PxP, senza esporre l’etichetta di psicologo. Lavorando e dialogando con le persone, è emerso in fretta che mestiere si svolgeva nella quotidianità e ciò ha suscitato apprezzamento, interesse, voglia di prendersi il tempo per scambiare due parole, di fare qualche battuta ironica, di lasciarsi andare, di essere se stessi, utilizzandoci come uno strumento in più per affrontare l’avversità.
I timori della Sindaca, da noi condivisi all’inizio per una forma di identificazione più emotiva che razionale, erano forse eccessivi ma realistici nell’ immaginario collettivo di un paese di montagna.
Successivamente abbiamo potuto riflettere con lei sul nostro operare ed i suoi ringraziamenti, proprio per quella modalità “concreta ma professionale” di intervento, sono stati davvero gratificanti.
E’ stato mobilitato il mondo dei dipendenti e del volontariato che opera in emergenza, con una spinta all’adesione spontanea e immediata di questi e di tante altre persone comuni che si sono adoperate con tutte le loro energie per fronteggiare l’evento calamitoso.
30-31 gennaio 2024 Fiera di S. Orso
Alla Fiera millenaria di S. Orso, quest'anno i cuccioli hanno partecipato in buon numero alla gestione dell'accoglienza in tenda: Claire, Celeste, Lorenzo, Mattia, Ettore, Giorgio, Camilla, Bianca, Marie, Emanuele e Leonardo, coadiuvati dalle nostre Giovani, Vittoria ed Emilie in modo egregio! GRAZIE !
La presenza di bambini, genitori e nonni è stata molto soddisfacente ed in alcuni momenti davvero affollata. Grande apprezzamento ha avuto, come sempre, lo Chalet Popon, dove mamme e neonati sono stati accolti per soddisfare le necessità di entrambi.
La presenza di bambini, genitori e nonni è stata molto soddisfacente ed in alcuni momenti davvero affollata. Grande apprezzamento ha avuto, come sempre, lo Chalet Popon, dove mamme e neonati sono stati accolti per soddisfare le necessità di entrambi.
20 gennaio 2024: tre ragazzi in fuga
Veniamo allertati per dare assistenza a tre ragazzi, scappati da un centro di accoglienza ad Agrigento, ora ospiti in una casa sicura nel nostro Comune.
Max si offre di fare il primo turno di notte e Leo ed io quello del giorno dopo.
I ragazzi non vogliono lasciare la Valle, non sono pericolosi, anzi, collaborativi, gentili e attenti alle nostre regole di convivenza sociale.
Sono fuggiti per trovare qualcuno che li accolga, che si occupi del loro inserimento nel nostro sistema, offra loro la possibilità di studiare, di trovare un lavoro. Hanno lasciato le loro famiglie in Ghana e nella Sierra Leone.
E' stata un'esperienza breve ma intensa di significati e significanti.
Max si offre di fare il primo turno di notte e Leo ed io quello del giorno dopo.
I ragazzi non vogliono lasciare la Valle, non sono pericolosi, anzi, collaborativi, gentili e attenti alle nostre regole di convivenza sociale.
Sono fuggiti per trovare qualcuno che li accolga, che si occupi del loro inserimento nel nostro sistema, offra loro la possibilità di studiare, di trovare un lavoro. Hanno lasciato le loro famiglie in Ghana e nella Sierra Leone.
E' stata un'esperienza breve ma intensa di significati e significanti.
dicembre 2023: Raccolta giocattoli per i bambini in situazione di disagio
Grazie alla disponibilità dei cuccioli di protezione civile (che hanno donato i loro giochi), dei loro genitori (che ce li hanno messi a nuovo o ne hanno ulteriormente comprati ) e al coinvolgimento del gruppo giovanile (che ci ha aiutato a distribuirli), a Natale 2023 siamo riusciti a raccogliere tantissimi giocattoli da regalare ai bambini, conosciuti dai servizi sociali.
Però, se il parroco della chiesa di St Martin de Corléans, Don Nicola, non ci avesse messo generosamente a disposizione una sala del catechismo, per diversi giorni dedicati a raccogliere, impacchettare e distribuire i giocattoli, non avremmo potuto fare nulla. I desideri di una settantina di bambini, di vari comuni della Valle, sono stati accolti!
Alcune mamme sono venute a prendere i giocattoli per i loro piccoli con non poche difficoltà di spostamento.
Un episodio ci ha particolarmente colpito: i ns volontari non riuscivano a rintracciare l'abitazione di un nucleo con 4 bambin, nascosta in un vecchio villaggio.
Stavano per rinunciare quando è venuta loro un'idea: hanno acceso il lampeggiante della panda per segnalarne la presenza. Poco dopo, da un ripido sentierino, è arrivato di corsa il papà che, con un sorriso commovente sul viso, ha detto loro: " i miei bambini stanno impazzendo dalla gioia perché hanno visto la luce blu e stanno urlando " E' DAVVERO ARRIVATO BABBO NATALE!!! !!! Ha letto la nostra letterina!!!"
Però, se il parroco della chiesa di St Martin de Corléans, Don Nicola, non ci avesse messo generosamente a disposizione una sala del catechismo, per diversi giorni dedicati a raccogliere, impacchettare e distribuire i giocattoli, non avremmo potuto fare nulla. I desideri di una settantina di bambini, di vari comuni della Valle, sono stati accolti!
Alcune mamme sono venute a prendere i giocattoli per i loro piccoli con non poche difficoltà di spostamento.
Un episodio ci ha particolarmente colpito: i ns volontari non riuscivano a rintracciare l'abitazione di un nucleo con 4 bambin, nascosta in un vecchio villaggio.
Stavano per rinunciare quando è venuta loro un'idea: hanno acceso il lampeggiante della panda per segnalarne la presenza. Poco dopo, da un ripido sentierino, è arrivato di corsa il papà che, con un sorriso commovente sul viso, ha detto loro: " i miei bambini stanno impazzendo dalla gioia perché hanno visto la luce blu e stanno urlando " E' DAVVERO ARRIVATO BABBO NATALE!!! !!! Ha letto la nostra letterina!!!"
Novembre 2023: Coppa del Mondo a Cervinia di sci alpino
Siamo stati coinvolti nell'evento delle gare femminili di Coppa del Mondo a Cervinia, in alcuni week end del mese di novembre. Il nostro compito prevedeva alcune attività di gestione della sicurezza e degli spettatori. E' stato piuttosto impegnativo svolgere il nostro ruolo, vista l'altitudine ( 3000 mt) e la meteo avversa che alla fine non ha permesso lo svolgimento delle competizioni ma solo di alcune prove.
Io Non Rischio 15 ottobre 2023
Quest'anno abbiamo organizzato la piazza fisica di INR a Sarre, nella piazzetta del Comune. Sono state/i di grande aiuto le ragazze del Gruppo Giovanile e qualche cucciolo che hanno ritagliato tutte le goccioline e costruito il telaio espositivo ! GRAZIE
Anche la linea del tempo ha suscito un buon interesse.
La giornata si è svolta in tranquillità, con alcune richiesta di visualizzazione sul portale regionale "casa-e-pericoli", dove è possibile conoscere i rischi naturali a cui è sottoposta la zona dove abitiamo.
Anche la linea del tempo ha suscito un buon interesse.
La giornata si è svolta in tranquillità, con alcune richiesta di visualizzazione sul portale regionale "casa-e-pericoli", dove è possibile conoscere i rischi naturali a cui è sottoposta la zona dove abitiamo.
23 settembre 2023 . ARPY esercitazione ricerca persona dispersa
Ad Arpy è stata organizzata un'importante "ricerca scomparsi", alla presenza del Commissario Nazionale e delle autorità regionali, che ha visto la partecipazione sia dei professionisti del campo, sia dei volontari di PC.
Sono stati invitati anche i gruppi giovanili che hanno potuto assistere all'intervento dell'elicottero della GF, dei droni e dei cani per la ricerca.
I ragazzi sono stati direttamente coinvolti nella "ricerca a pettine", supervisionata dai Vigili del Fuoco.
E' stata una bella e interessante giornata.
Sono stati invitati anche i gruppi giovanili che hanno potuto assistere all'intervento dell'elicottero della GF, dei droni e dei cani per la ricerca.
I ragazzi sono stati direttamente coinvolti nella "ricerca a pettine", supervisionata dai Vigili del Fuoco.
E' stata una bella e interessante giornata.
30-31 gennaio 2023 Fiera di S. Orso
Anche quest'anno siamo stati impegnati ad accogliere le persone che sono arrivare in Valle per la millenaria Fiera di S. Orso. 173 mila visitatori in 2 giorni di fiera. I volontari di PxP VDA si sono alternati nella gestione dei turni che si svolgevano dalle ore 8 del mattino alle ore 20.
Un aiuto incredibile ci è stato dato dal Gruppo Giovanile e Cuccioli della nostra associazione. Grazie Ragazzi/e
Lo Chalet Popon, attrezzato per accogliere mamme e bambini e soddisfare i loro bisogni, è stato frequentatissimo e ha ricevuto ringraziamenti e dimostrazioni di gratitudine a non finire.
Un aiuto incredibile ci è stato dato dal Gruppo Giovanile e Cuccioli della nostra associazione. Grazie Ragazzi/e
Lo Chalet Popon, attrezzato per accogliere mamme e bambini e soddisfare i loro bisogni, è stato frequentatissimo e ha ricevuto ringraziamenti e dimostrazioni di gratitudine a non finire.
Emergenza Ucraina febbraio-dicembre 2022:
Dall'inizio della guerra PxP VDA ha accolto e accompagnato i rifugiati giunti in Valle, in tutto il percorso di inserimento (pratiche burocratiche in Questura, in AUSL, in Regione, alla Caritas, in Comune, collaborazione con le Parrocchie, agli UHB di accoglienza e vaccinali, al n verde). Attualmente segue alcune famiglie sia da un punto di vista psico sociale che economico
Manifestazione contro la guerra in Ucraina - Valdostani e ucraini accanto per dire “no” alla guerra
Alla Porta Praetoria, sabato 26 febbraio 2022, centinaia di persone e diverse associazioni, tra cui la nostra, si sono ritrovare per esprimere solidarietà al popolo ucraino e per la pace. Una manifestazione che ci ha riportati indietro di anni, ai conflitti in Iraq e in Afghanistan. Toccanti gli interventi di alcune donne ucraine che, con parole interrotte dalle lacrime e strozzate dalla rabbia, hanno raccontato di chi in Ucraina ha lasciato parte della famiglia e il proprio cuore.
Foire d'été 14 agosto 2021
Mélody, Leo ed Elvira impegnati nell'attività di Safety alla foire estiva
Emergenza Coronavirus 2021 - 2022
Continua l'emergenza Covid . I volontari sono impegnati su più fronti, nell'attività di manutenzione delle strutture presidio sanitario e al n verde regionale. L'impegno ai poli vaccinali si fa sempre più intenso ma terminerà il 15 agosto. La PC deve presidiare quattro punti : Aosta, Chatillon, Donnas e Morgex.
Emergenza Coronavirus 2020
Tanti gli interventi dei nostri volontari in questo periodo di emergenza. Dai più pratici come la consegna della spesa a domicilio, la consegna di abiti in ospedale, il ritiro rifiuti, la viabilità, il presidio presso la struttura di Ollignan, il triage alle tende pre ingresso ai presidi ospedalieri, i turni presso il call center del numero verde regionale; ai più professionali come il servizio di ascolto e supporto psicologico alle comunità del territorio e ai loro operatori.
In sintesi, ecco lw singole attività e i nostri numeri :
-interviste sugli effetti psicologici della pandemia e possibili risposte adattive, a programmi radiofonici e televisivi della rete regionale e articoli su testate locali;
-Supporto a famigliari, utenti ed operatori delle RSA e delle comunità anziani, pubbliche e private regionali, attraverso colloqui individuali e incontri online di gruppo o di équipe, per un tot. di 132 interventi;
-Supporto psicologico alla popolazione (n. verde H 24) organizzato dal Ministero della Salute tramite la Federazione PxP, attraverso turni di reperibilità telefonica per un tot. di 93 turni (circa 600 interventi telefonici), con 7 psicologi impegnati;
-Partecipazione settimanale al Direttivo Psico-sociale Regionale, per il servizio di supporto psicologico a tutta la popolazione della Valle d’Aosta, insieme alle Istituzioni e agli Ordini Professionali Regionali coinvolti, con cadenza settimanale da marzo a dicembre 2020 per un totale di 26 incontri.
Assistenza alla popolazione sul territorio, nell’ambito delle attività di PC regionali:
- distribuzione generi alimentari e DPI a nuclei familiari ed Enti (n 46 interventi)
-supporto logistico e psicologico alle persone in quarantena e ospedalizzate (54 interventi), - montaggio e manutenzione strutture della CM regionale (15 interventi),
-gestione del numero verde della PC regionale per 117 turni di 10 ore ciascuno,
-assistenza alle tende e ai presidi sanitari, ai Drive in per i tamponi, alle Strutture ricettive x pazienti positivi al Covid19 (Ollignan, Valpelline ecc.), per un totale di 75 turni di 8 ore ciascuno e 23 colloqui individuali di supporto psicologico.
I volontari da inizio pandemia a dicembre 2020 hanno effettuato circa 2500 ore di presenza nei vari scenari.
In sintesi, ecco lw singole attività e i nostri numeri :
-interviste sugli effetti psicologici della pandemia e possibili risposte adattive, a programmi radiofonici e televisivi della rete regionale e articoli su testate locali;
-Supporto a famigliari, utenti ed operatori delle RSA e delle comunità anziani, pubbliche e private regionali, attraverso colloqui individuali e incontri online di gruppo o di équipe, per un tot. di 132 interventi;
-Supporto psicologico alla popolazione (n. verde H 24) organizzato dal Ministero della Salute tramite la Federazione PxP, attraverso turni di reperibilità telefonica per un tot. di 93 turni (circa 600 interventi telefonici), con 7 psicologi impegnati;
-Partecipazione settimanale al Direttivo Psico-sociale Regionale, per il servizio di supporto psicologico a tutta la popolazione della Valle d’Aosta, insieme alle Istituzioni e agli Ordini Professionali Regionali coinvolti, con cadenza settimanale da marzo a dicembre 2020 per un totale di 26 incontri.
Assistenza alla popolazione sul territorio, nell’ambito delle attività di PC regionali:
- distribuzione generi alimentari e DPI a nuclei familiari ed Enti (n 46 interventi)
-supporto logistico e psicologico alle persone in quarantena e ospedalizzate (54 interventi), - montaggio e manutenzione strutture della CM regionale (15 interventi),
-gestione del numero verde della PC regionale per 117 turni di 10 ore ciascuno,
-assistenza alle tende e ai presidi sanitari, ai Drive in per i tamponi, alle Strutture ricettive x pazienti positivi al Covid19 (Ollignan, Valpelline ecc.), per un totale di 75 turni di 8 ore ciascuno e 23 colloqui individuali di supporto psicologico.
I volontari da inizio pandemia a dicembre 2020 hanno effettuato circa 2500 ore di presenza nei vari scenari.
IL SOSTEGNO ALLA MICRO COMUNITA' ANZIANI
Viviamo una situazione estremamente difficile e complessa in cui un male invisibile quanto contagioso e pericoloso, per la salute di tutti e la tenuta del sistema sanitario, ci ha imposto il divieto assoluto di qualsiasi contatto sociale. Possiamo ammalarci o essere già stati ammalati senza nemmeno rendercene conto.
Quando è scoppiata l’emergenza i casi più gravi di complicazione si sono verificati nei pazienti ultra ottantenni, ora l’età si sta abbassando drasticamente ma sicuramente i pazienti più fragili e vulnerabili restano gli anziani.
E’ per questa motivazione che si è deciso di dedicare a tutti coloro che si occupano di anziani, come per esempio nelle micro comunità, pubbliche e private, un sostegno privilegiato e specifico, realizzato da sei psicologhe volontarie (Dott.sse Abram Arianna, Cappello Valentina, Colliard Mélody, Jacquemod Sara, Roulet Germaine e Venturella Elvira) dell’associazione Psicologi per i Popoli VDA. Tale attività si inserisce nel progetto di supporto psicologico rivolto alla popolazione, messo in atto dalla SSD di Psicologia, l’Ordine degli psicologi e PxP VDA. Il servizio, concordato e definito con la responsabile della struttura, previa segnalazione al n 0165/544508, offre un accompagnamento per tutto il periodo dell’emergenza, compreso di colloqui individuali con gli operatori che ne manifestino necessità.
I nostri anziani stanno vivendo condizioni di assoluto isolamento, se a casa da soli o se ricoverati in ospedale, o di parziale isolamento se accuditi da una badante o ospiti in una comunità.
La mancanza di un contatto con i familiari, soprattutto se rientrava nelle abitudini quotidiane, crea vissuti di sconforto, di abbandono, di chiusura quando non genera disturbi d’ansia, depressione o un peggioramento delle capacità funzionali di adattamento alla realtà.
E’ bene ricordare che la sovraesposizione ai media, a quelle trasmissioni che riportano ossessivamente il n dei morti e la loro età, dei ricoverati e dei positivi, con tutto lo strascico di sofferenza che ne consegue, non rassicura anzi rischia di generare un aumento dei sintomi ansiosi, di comportamenti o di pensieri irrazionali che mettono a dura prova le difese e le risorse personali.
Dobbiamo prenderci il tempo di spiegare agli anziani l’importanza e l’ineluttabilità delle restrizioni imposte, con parole semplici ma chiare, ripetendole se possono essere dimenticate. Se si rende la persona protagonista di un disegno collettivo, magari condividendo il pensiero che il loro grande sacrificio risulterà determinante per uscire da questo tunnel, si migliorano le sue capacità di comprensione e di adesione alle nuove regole. Offrire atteggiamenti di positività e messaggi di speranza, come “tutti insieme possiamo farcela ma ognuno deve fare la sua parte” può migliorare le capacità di fronteggiamento nei confronti di un’emergenza mai vissuta sino ad ora.
Se le misure impongono di mantenere 1 metro di distanza, obbligandoci a ridurre o eliminare del tutto le visite ai nonni, è possibile però rafforzare i contatti indiretti attraverso telefoni, video o messaggi. E’ utile far recapitare alle persone isolate scritti, disegni, immagini, mantenendo vivo quel filo rosso che garantisce un legame con il mondo esterno, con i propri cari. Non siamo più abituati a scrivere lettere o cartoline, forse è venuto il momento di riattivare queste obsolete modalità comunicative. La solitudine non è la mancanza di vita relazionale ma la mancanza o l’oblio di un riconoscimento dell’esistenza dell’altro.
E’ utile invece mantenere il ritmo delle abitudini che prima scandiva la giornata: dimostrare che anche in tempi così duri è possibile continuare a muoversi, pur restando fra quattro mura, leggere, scrivere o colorare, ascoltare musica, sfogliare o riordinare fotografie, raccontare e raccontarsi, aiuta a dare fiducia e speranza. Mantenere attivo il corpo e imbrigliare la mente in semplici attività. che comunque attivino funzioni operatorie, può proteggere da pensieri intrusivi o ansiogeni.
Di fronte ad una malattia che ci impone un isolamento e che dà origine a stati di paura, angoscia, irrazionalità, sospetti e incredulità, dobbiamo tutti insieme riscoprire il senso comune andato perduto, rinvigorire la resilienza di comunità che ci ha permesso nel passato di superare guerre, crisi economiche, catastrofi naturale e causate dall’uomo, andando oltre e magari cogliendo l’opportunità di diventare migliori.
Quando è scoppiata l’emergenza i casi più gravi di complicazione si sono verificati nei pazienti ultra ottantenni, ora l’età si sta abbassando drasticamente ma sicuramente i pazienti più fragili e vulnerabili restano gli anziani.
E’ per questa motivazione che si è deciso di dedicare a tutti coloro che si occupano di anziani, come per esempio nelle micro comunità, pubbliche e private, un sostegno privilegiato e specifico, realizzato da sei psicologhe volontarie (Dott.sse Abram Arianna, Cappello Valentina, Colliard Mélody, Jacquemod Sara, Roulet Germaine e Venturella Elvira) dell’associazione Psicologi per i Popoli VDA. Tale attività si inserisce nel progetto di supporto psicologico rivolto alla popolazione, messo in atto dalla SSD di Psicologia, l’Ordine degli psicologi e PxP VDA. Il servizio, concordato e definito con la responsabile della struttura, previa segnalazione al n 0165/544508, offre un accompagnamento per tutto il periodo dell’emergenza, compreso di colloqui individuali con gli operatori che ne manifestino necessità.
I nostri anziani stanno vivendo condizioni di assoluto isolamento, se a casa da soli o se ricoverati in ospedale, o di parziale isolamento se accuditi da una badante o ospiti in una comunità.
La mancanza di un contatto con i familiari, soprattutto se rientrava nelle abitudini quotidiane, crea vissuti di sconforto, di abbandono, di chiusura quando non genera disturbi d’ansia, depressione o un peggioramento delle capacità funzionali di adattamento alla realtà.
E’ bene ricordare che la sovraesposizione ai media, a quelle trasmissioni che riportano ossessivamente il n dei morti e la loro età, dei ricoverati e dei positivi, con tutto lo strascico di sofferenza che ne consegue, non rassicura anzi rischia di generare un aumento dei sintomi ansiosi, di comportamenti o di pensieri irrazionali che mettono a dura prova le difese e le risorse personali.
Dobbiamo prenderci il tempo di spiegare agli anziani l’importanza e l’ineluttabilità delle restrizioni imposte, con parole semplici ma chiare, ripetendole se possono essere dimenticate. Se si rende la persona protagonista di un disegno collettivo, magari condividendo il pensiero che il loro grande sacrificio risulterà determinante per uscire da questo tunnel, si migliorano le sue capacità di comprensione e di adesione alle nuove regole. Offrire atteggiamenti di positività e messaggi di speranza, come “tutti insieme possiamo farcela ma ognuno deve fare la sua parte” può migliorare le capacità di fronteggiamento nei confronti di un’emergenza mai vissuta sino ad ora.
Se le misure impongono di mantenere 1 metro di distanza, obbligandoci a ridurre o eliminare del tutto le visite ai nonni, è possibile però rafforzare i contatti indiretti attraverso telefoni, video o messaggi. E’ utile far recapitare alle persone isolate scritti, disegni, immagini, mantenendo vivo quel filo rosso che garantisce un legame con il mondo esterno, con i propri cari. Non siamo più abituati a scrivere lettere o cartoline, forse è venuto il momento di riattivare queste obsolete modalità comunicative. La solitudine non è la mancanza di vita relazionale ma la mancanza o l’oblio di un riconoscimento dell’esistenza dell’altro.
E’ utile invece mantenere il ritmo delle abitudini che prima scandiva la giornata: dimostrare che anche in tempi così duri è possibile continuare a muoversi, pur restando fra quattro mura, leggere, scrivere o colorare, ascoltare musica, sfogliare o riordinare fotografie, raccontare e raccontarsi, aiuta a dare fiducia e speranza. Mantenere attivo il corpo e imbrigliare la mente in semplici attività. che comunque attivino funzioni operatorie, può proteggere da pensieri intrusivi o ansiogeni.
Di fronte ad una malattia che ci impone un isolamento e che dà origine a stati di paura, angoscia, irrazionalità, sospetti e incredulità, dobbiamo tutti insieme riscoprire il senso comune andato perduto, rinvigorire la resilienza di comunità che ci ha permesso nel passato di superare guerre, crisi economiche, catastrofi naturale e causate dall’uomo, andando oltre e magari cogliendo l’opportunità di diventare migliori.
IL LAVORO DI INTERDIVISIONE da remoto
E' stato utilissimo potersi confrontare, durante l'intervento per il n Verde Nazionale di supporto alla popolazione, con il gruppo di colleghi impegnati e condividere informazioni e decisioni con il Direttivo psico-sociale regionale. Da qui è nato il progetto di collaborazione fra tutte le risorse psicologiche valdostane: USL, Ordine e PXp VDA.
UN AIUTO PSICOLOGICO ALLA POPOLAZIONE
La SSD di Psicologia dell’AUSL, l’Ordine degli Psicologi della VDA e l’Associazione di volontariato Psicologi per i Popoli Emergenza VDA (PxP VDA), in collaborazione con l’Assessorato Regionale alla Sanità a la Struttura Regionale di PC, hanno dato l’avvio mercoledì 18 marzo ad un servizio di ASCOLTO E SUPPORTO PSICOLOGICO per tutta la popolazione valdostana.
La nostra comunità sta vivendo, come in tutto il mondo, un caso di emergenza sanitaria senza precedenti. La contagiosità del Coronavirus mette a rischio la salute pubblica come mai prima d’ora e scatena in molti quell’inspiegabile angoscia che provoca un accapparaggio indiscriminato di prodotti alimentari, una fuga insensata verso altri domicili e comportamenti a rischio per tutta la collettività. Obiettivo prioritario oggi è contenere risposte irrazionali e pericolose, proteggere le persone più fragili, ottenere la massima collaborazione dai cittadini perché rispettino rigorosamente le regole dettate dagli organi competenti.
Lo scenario che si prospetta è quello di un lungo periodo di adattamento e di resistenza alla pandemia Covid. La criticità di tale situazione può far emergere nelle persone, soprattutto in quelle con fragilità emotiva o pregresse difficoltà socio-relazionali, un allarme psicologico permanente ed un conseguente disagio intrapsichico che deve essere riconosciuto, accolto e contenuto.
E’ per tale motivo che, con il coordinamento della Dott.ssa Madeo Meri, responsabile della SSD di Psicologia dell’AUSL, il presidente dell’Ordine degli Psicologi, dott. Alessandro Trento e la Dott.ssa Elvira Venturella, presidente di Psicologi per i Popoli VDA, si è deciso di ottimizzare tutte le risorse professionali presenti sul territorio valdostano, per offrire alla popolazione una risposta psicologica, coordinata e competente.
Il servizio di supporto psicologico si rivolge agli utenti con età superiore ai 13 anni e alle associazioni/istituzioni che ne fanno richiesta. L’intervento per i minori di 13 anni, viene gestito attraverso la consulenza ai genitori.
La linea di supporto telefonica attivata offre:
- Ascolto - Supporto psicologico in situazione di crisi
- Guida a comportamenti auto protettivi - Consulenza psicologica
L’accesso al servizio avviene:
- attraverso l’invio degli operatori di Protezione Civile, impegnati nell’accogliere le telefonate al numero verde 800122121
- direttamente al numero 0165/544508, messo a disposizione dall’azienda Usl, con orario 9 / 12 - 14 / 17 dal lunedì al venerdì, dove si effettua un primo triage psicologico da cui prende avvio il percorso. Gli utenti possono essere indirizzati agli psicologi presenti nei poliambulatori, agli psicologi dell’elenco individuato dall’Ordine o agli psicologi dell’associazione PxP VDA, a seconda della tipologia di richiesta.
Il supporto psicologico, che viene realizzato attraverso via telefonica o via skipe, è completamente gratuito per un numero di 3 colloqui, comprensivi di follow up.
Ad oggi il servizio ha ricevuto 98 telefonate da utenti nella stragrande maggioranza donne e in un range di età compreso fra i 18 e gli 85 anni, di cui 9 in quarantena obbligatoria e 2 volontaria, tutti residenti in Valle d’Aosta, 52 inviati al supporto psicologico
Una delle motivazioni più comuni è l’ansia, generata - dalla paura della contagiosità e pericolosità del virus e la preoccupazione di essere positivi senza saperlo, - dalla difficoltà di interpretazione delle norme ministeriali, - dal disagio conseguente alla privazione della libertà, dei contatti sociali, soprattutto se nell’ambito familiare sono presenti anziani, disabili o parenti ricoverati nei reparti Covid19, con cui non si hanno più contatti significativi, - da una convivenza forzata in spazi ristretti e a volte sovraffollati, perché compresenti figli e partner per un tempo lungo h 24 mai sperimentato prima.
Le difficoltà del momento pongono tutti di fronte ad un imperativo: ognuno deve fare la sua parte e noi, quali “esperti” nella relazione d’aiuto, abbiamo cercato di fare la nostra, tutti insieme.
La riscoperta della collettività, della condivisione e della resilienza comunitaria come cura possibile, ci potrà condurre fuori da quel tunnel in cui siamo piombati il 23 febbraio 2020.
Aosta, 12 marzo 2020
Per il S.S.D di Psicologia
Dott.ssa Meri Madeo
Per l’Ordine degli Psicologi della Valle d’Aosta
Dott. Alessandro Trento
Per l’Associazione Psicologi per i Popoli
Dott.ssa Elvira Venturella
UN AIUTO PSICOLOGICO ALLA POPOLAZIONE
La SSD di Psicologia dell’AUSL, l’Ordine degli Psicologi della VDA e l’Associazione di volontariato Psicologi per i Popoli Emergenza VDA (PxP VDA), in collaborazione con l’Assessorato Regionale alla Sanità a la Struttura Regionale di PC, hanno dato l’avvio mercoledì 18 marzo ad un servizio di ASCOLTO E SUPPORTO PSICOLOGICO per tutta la popolazione valdostana.
La nostra comunità sta vivendo, come in tutto il mondo, un caso di emergenza sanitaria senza precedenti. La contagiosità del Coronavirus mette a rischio la salute pubblica come mai prima d’ora e scatena in molti quell’inspiegabile angoscia che provoca un accapparaggio indiscriminato di prodotti alimentari, una fuga insensata verso altri domicili e comportamenti a rischio per tutta la collettività. Obiettivo prioritario oggi è contenere risposte irrazionali e pericolose, proteggere le persone più fragili, ottenere la massima collaborazione dai cittadini perché rispettino rigorosamente le regole dettate dagli organi competenti.
Lo scenario che si prospetta è quello di un lungo periodo di adattamento e di resistenza alla pandemia Covid. La criticità di tale situazione può far emergere nelle persone, soprattutto in quelle con fragilità emotiva o pregresse difficoltà socio-relazionali, un allarme psicologico permanente ed un conseguente disagio intrapsichico che deve essere riconosciuto, accolto e contenuto.
E’ per tale motivo che, con il coordinamento della Dott.ssa Madeo Meri, responsabile della SSD di Psicologia dell’AUSL, il presidente dell’Ordine degli Psicologi, dott. Alessandro Trento e la Dott.ssa Elvira Venturella, presidente di Psicologi per i Popoli VDA, si è deciso di ottimizzare tutte le risorse professionali presenti sul territorio valdostano, per offrire alla popolazione una risposta psicologica, coordinata e competente.
Il servizio di supporto psicologico si rivolge agli utenti con età superiore ai 13 anni e alle associazioni/istituzioni che ne fanno richiesta. L’intervento per i minori di 13 anni, viene gestito attraverso la consulenza ai genitori.
La linea di supporto telefonica attivata offre:
- Ascolto - Supporto psicologico in situazione di crisi
- Guida a comportamenti auto protettivi - Consulenza psicologica
L’accesso al servizio avviene:
- attraverso l’invio degli operatori di Protezione Civile, impegnati nell’accogliere le telefonate al numero verde 800122121
- direttamente al numero 0165/544508, messo a disposizione dall’azienda Usl, con orario 9 / 12 - 14 / 17 dal lunedì al venerdì, dove si effettua un primo triage psicologico da cui prende avvio il percorso. Gli utenti possono essere indirizzati agli psicologi presenti nei poliambulatori, agli psicologi dell’elenco individuato dall’Ordine o agli psicologi dell’associazione PxP VDA, a seconda della tipologia di richiesta.
Il supporto psicologico, che viene realizzato attraverso via telefonica o via skipe, è completamente gratuito per un numero di 3 colloqui, comprensivi di follow up.
Ad oggi il servizio ha ricevuto 98 telefonate da utenti nella stragrande maggioranza donne e in un range di età compreso fra i 18 e gli 85 anni, di cui 9 in quarantena obbligatoria e 2 volontaria, tutti residenti in Valle d’Aosta, 52 inviati al supporto psicologico
Una delle motivazioni più comuni è l’ansia, generata - dalla paura della contagiosità e pericolosità del virus e la preoccupazione di essere positivi senza saperlo, - dalla difficoltà di interpretazione delle norme ministeriali, - dal disagio conseguente alla privazione della libertà, dei contatti sociali, soprattutto se nell’ambito familiare sono presenti anziani, disabili o parenti ricoverati nei reparti Covid19, con cui non si hanno più contatti significativi, - da una convivenza forzata in spazi ristretti e a volte sovraffollati, perché compresenti figli e partner per un tempo lungo h 24 mai sperimentato prima.
Le difficoltà del momento pongono tutti di fronte ad un imperativo: ognuno deve fare la sua parte e noi, quali “esperti” nella relazione d’aiuto, abbiamo cercato di fare la nostra, tutti insieme.
La riscoperta della collettività, della condivisione e della resilienza comunitaria come cura possibile, ci potrà condurre fuori da quel tunnel in cui siamo piombati il 23 febbraio 2020.
Aosta, 12 marzo 2020
Per il S.S.D di Psicologia
Dott.ssa Meri Madeo
Per l’Ordine degli Psicologi della Valle d’Aosta
Dott. Alessandro Trento
Per l’Associazione Psicologi per i Popoli
Dott.ssa Elvira Venturella
Dall'intervista radiofonica su RAI3: la reazione psicologica alla pandemia
La paura è un’emozione utile se proporzionata al pericolo, impariamo ad usarla come risorsa e non come limite, perchè questo ci serve per difenderci dal pericolo, ci serve a prevenirlo e quindi ad evitarlo. Questo virus non fa parte della nostra esperienza e conoscenza quindi ci fa più paura, sovrastimiamo il rischio, anche se è ormai inconfutabile che una normale influenza provoca decessi decisamente più numerosi.
La percezione del rischio può essere infatti distorta e amplificata, l’ansia può trasformarsi in panico, grazie anche a quella comunicazione mediatica che ha come obiettivo prioritario quello di attirare l’attenzione, produrre effetto, in realtà produce un’informazione focalizzata su notizie in rapida e inquietante sequenza, sui singoli casi, non sui casi complessivi e oggettivi del fenomeno. I titoli sono spesso allarmanti e centrati su informazioni negative, sicuramente di maggiore effetto. Risvegliano paure sopite, immagini di epidemie del passato. Certo fa più rumore ... un titolo come "la situazione dei contagi è stabile, non fa scalpore, anche se la gente avrebbe un bisogno disperato di ritrovare un po’ di normalità.
Tale distorsione rischia di innescare nelle persone, con una certa fragilità emotiva, un allarme psicologico permanente, con la conseguenza che il singolo si sente coinvolto personalmente, come possibile prossima vittima e vive un fenomeno che in realtà è collettivo come un evento individuale.
L'ansia e il panico sono più contagiosi e pericolosi del coronavirus: diminuiscono le ns possibilità di difesa anche immunitaria e generano comportamenti rischiosi e irrazionali quali
l’accaparramento dei beni di prima necessità, si svuotano gli scaffali dei supermercati, si moltiplicano l’ansia, la preoccupazione
la sovraesposizione mediatica: si resta connessi h24 ai social, agli
aggiornamenti in tempo reale, nella ricerca ossessiva di informazioni che rassicurino, ottenendo quasi sempre l’effetto opposto.
E’ stata chiamata infodemia: il contagio e la diffusione delle notizie … il sentito dire … il sentito letto ci sommerge di informazioni di ogni tipo, spesso non basate su dati oggettivi, né tratte da fonti certificate.
I media devono informare, attraverso una buona comunicazione, basata su dati oggettivi, razionali e scientifici, restituiscono credibilità agli esperti, possono essere degli alleati preziosi, possono dar forza al sentimento comunitario di resilienza. Essere resilienti significa affrontare le criticità e andare oltre, non farsi travolgere dagli eventi ma governarli.
Se tutti agiamo in modo responsabile, se ci aiutiamo reciprocamente a farlo (per ex diffondendo informazioni accreditate, rispettando le indicazioni e le cautele consigliate dagli esperti, quelli veri) aumentiamo la capacità di protezione di ciascuno di noi e della collettività.. Nel corso della storia abbiamo imparato a vincere malattie molto più gravi, ci sono milioni di persone impegnate in questa battaglia, un esercito di scienziati, ricercatori, personale sanitario, che lottano contro un invisibile microscopico virus che già abbiamo imparato a riconoscere. Ognuno di noi può fare la sua parte e tutti insieme ce la faremo.
Con i bambini
E bene proteggere i bb, rispondiamo alle loro domande con onestà e semplicità, non esponiamoli troppo alle informazioni, non lasciamoli soli davanti alla TV o ai social.
Spieghiamo che ne parlano in continuazione alla tv perché è un virus che non conosciamo ma da cui i bb sanno difendersi meglio degli adulti; i bb malati sono pochissimi, x loro non è una minaccia reale. Bisogna imparare a prendere le cose nella giusta misura. E vero che è diffuso in zone precise ma si sono prese precauzioni per non farlo uscire di lì. Se le persone non escono d quella zona, non lo portano in giro. Bisogna stare tranquilli perché abbiamo saputo guarire malattie molto più gravi. Se tutti insieme facciamo il nostro dovere e seguiamo i consigli che chi ne sa molto più di noi, ci vorrà un po’ di tempo ma ce la faremo sicuramente.
Come parlare ai bambini del Coronavirus?
Lo spiega in maniera semplice e chiara la nostra socia Mélody Colliard, psicoterapeuta dell’età evolutiva, durante un’interessante intervista al tgR.
23 FEBBRAIO 2020 Emergenza Coronavirus: primo intervento in sala operativa al n. verde regionale
Siamo stati attivati dalla PC Regionale, insieme ai volontari addetti alla sala operativa, per gestire le richieste telefoniche che pervengono al n verde 800122121 della VDA, da domenica 23 febbraio a data da destinarsi, con turni dalle ore 9 alle ore 18. I primi giorni sono stati convulsi perché non erano stati attivati molti n verdi delle altre regioni e i pochi esistenti erano intasati. Ad oggi forniamo assistenza a tutte le chiamate, anche provenienti dal resto dell'Italia, perché forse il nostro numero è maggiormente accessibile (la nostra utenza è cmq numerosa come quella di un quartiere di TO! più i turisti). Le chiamate a carattere puramente sanitario vengono dirottate al 112, le altre presentano un ventaglio motivazionale variatissimo. E' stato geniale mettere a punto un file, proposto da Lucia, che raccogliesse tutti i dati delle persone che, chiamando il ns n verde, avevano motivazioni da attenzionare: ora lo usano tutti! Così come raccogliere i n. verdi regionali che , grazie alla premura dei colleghi di PxP federazione (Gaia Garavaglia in primis), abbiamo ottenuto in tempi brevissimi. GRAZIE a TUTTI
29 - 30 - 31 gennaio 2020 Fiera di Sant'Orso
1020^ Foire de Saint-Ours. Tante le mamme, i papà e i bambini che anche quest'anno hanno deciso di passare a trovarci presso la nostra tenda, allestita in piazza Narbonne. I volontari, insieme ai ragazzi del gruppo giovanile dell'associazione, sono stati presenti durante tutto l'evento, sempre pronti ad accogliere i tanti visitatori con un sorriso, un ambiente caldo ed accogliente, giochi e intrattenimento per i più piccoli e servizi di garderie per i genitori e le famiglie (fasciatoio, scalda bevande, postazioni allattamento). Arrivederci all'anno prossimo per un'altra splendida fiera insieme.
24 e 28 gennaio 2020 Formazione Safety in vista della Fiera di st Orso.
14 ottobre 2019 Richiesta supporto familiari e colleghi per la morte di un Vigile del Fuoco
30 - 31 gennaio 2019 Fiera di Sant'Orso
Anche quest'anno PxP VDA ha gestito la tenda accoglienza, allestita dal Coordinamento dei volontari di PC della VDA, dove hanno trovato calore ambientale e umano, tutti coloro che si sono fermati anche solo per un saluto (habitués degli anni passati!). Grande novità è stata rappresentata da uno spazio del tutto nuovo e confortevole, ideato e progettato per le famiglie con bambini, all’interno del quale poter allattare, cambiare il pannolino o anche soltanto consumare un pasto in tutta tranquillità. Una struttura accogliente, simile a una 'stanza dei bimbi' di casa, dove i visitatori della Millenaria hanno potuto prendersi cura dei propri bambini in tutta tranquillità e sicurezza. All'interno della struttura un fasciatoio, uno scalda biberon, due poltrone, una per adulti e una per bambini, un tavolo con le sedie per i più piccoli e una lavagna. Alla realizzazione della Chalet Popon hanno partecipato gli studenti della classe 5ª B dell'Istituto Manzetti di Aosta, che hanno contribuito alla realizzazione della casetta prefabbricata. GRAZIE ragazzi e insegnanti, avete avuto un'idea geniale!! E' stata frequentata da una moltitudine di mamme e bebè incredibile, tutti hanno apprezzato l'iniziativa con grande entusiasmo.
Come sempre è stato prezioso il contributo operativo e creativo del Gruppo Junior di PC, siete stati davvero in gamba ragazzi/e! Grazie
Come sempre è stato prezioso il contributo operativo e creativo del Gruppo Junior di PC, siete stati davvero in gamba ragazzi/e! Grazie
Gennaio 2019
Intervento a seguito dell'incidente aereo in montagna. Accompagnamento familiari al riconoscimento salme e supporto ai sopravvissuti.
21 gennaio 2019 Incontro con genitori e insegnanti Scuole Aymavilles
E' stato organizzato un incontro di verifica dell'evoluzione della situazione, sono state raccolte le richieste e osservazioni dei partecipanti. Viene prospettato un ulteriore incontro a giugno 2019.
19-21-22- 27 - 29 novembre 2018 Interventi nella Comunità di Aymavilles
A causa della tragedia verificatasi ad Aymavilles, la Dirigente scolastica ha richiesto interventi di supporto e contenimento per gli alunni della scuola, gli insegnanti, i genitori e gli operatori della mensa. Il Sindaco ha successivamente organizzato un incontro con la popolazione. Lo sci club ha riunito gli allenatori e i genitori per un confronto con gli psicologi di PxP sulle modalità comunicative del lutto appena verificatosi.
19 settembre 2018
Attivati per la ricerca di una signora scomparsa e per il supporto ai familiari nel riconoscimento della salma ritrovata.
6-7-8 agosto : Frana Val Ferret
Siamo stati attivati alle 21 del 6 agosto per accogliere le persone evacuate, a causa dello smottamento che ha bloccato la Val Ferret, da Plampincieux a La Vachey. Turisti e residenti sono stati trasferiti con l'elicottero sinchè la visibilità lo ha permesso. Durante la prima sera sono state accolte circa 30 persone con le quali abbiamo passato la notte al Centro di accoglienza, allestito c/o il Palaghiaccio di Dolonne - Courmayeur. Con alcuni alpinisti francesi e svizzeri, impossibilitati a far ritorno nelle loro tende al camping Les Grandes Jorasses,, turbati ma consapevoli della loro bonne chance, abbiamo effettuato dei gruppi di accoglienza/descrizione dei fatti ed espressione emotiva. Nei due giorni successivi sono state registrate circa 400 persone, alcune delle quali hanno trovato rifugio presso amici o alberghi. L'accompagnamento dei familiari delle due vittime, al riconoscimento delle salme. è stato per noi il compito più difficile e coinvolgente. I nostri logisti sono stati impegnati, il giorno successivo all'evento, in uno spossante trasporto degli evacuati rimanenti, dalla zona di atterraggio dell'elicottero al centro. Il terzo giorno, grazie ad una breve finestra di riapertura della strada, controllata dalle FFO, le persone sono state riaccompagnate nelle varie frazioni, per recuperare gli effetti personali, la propria auto o roulotte/tenda/caravan. Nel centro sono stati ospitati circa 250 sfollati. Quando, l'ultimo giorno, abbiamo riaccompagnato un ultimo signore a riprendere la propria auto, ci siamo imbattuti, per caso, a La Vachey, in un gruppo di circa 20 alpinisti stranieri, impegnati nel tour du M Blanc e provenienti dal Col Ferret. Ignari di cosa fosse realmente successo e preoccupati per il loro rientro a Courmayeur, poichè la strada sarebbe stata chiusa entro 15' anche per i pedoni e si stava facendo buio, hanno accolto con grande entusiasmo l'offerta di essere accompagnati alla meta con i nostri pulmini. Il centro è stato chiuso la sera dell'8 agosto ma l'impegno della PC è proseguito nei giorni successivi, per collaborare nel controllo ai cancelli che impedivano l'accesso alla Val Ferret.
4 AGOSTO 2018 Fiera di S Orso estiva: attività di assistenza alla popolazione
Anche quest'anno PxP VDA ha partecipato all'attività di assistenza alla popolazione durante la Fiera estiva di S Orso.
11-13-19 dicembre 2017 e 7 - 9 febbraio 2018 Incontri con gli operatori della centrale unica 112
Ci è stato richiesto dal Direttore della PC Regionale di organizzare 3 incontri con gli operatori della centrale unica del 112, istituita da qualche mese in Valle d'Aosta. L'attenzione al benessere anche psicologico degli operatori è sempre stata un obiettivo dell'ente gestore del servizio (PC regionale). La proposta è stata accolta con interesse dai colleghi che hanno dimostrato grande motivazione ad affrontare problematiche organizzative e personali rilevate nell'espletamento della loro funzione. Abbiamo incontrato tutti gli operatori della CU, suddivisi in gruppi di 4 /6unità, nei giorni 11,13 e19 dicembre 2017 e 7 e 9 febbraio 2018, su richiesta del Direttore della Protezione Civile Regionale, responsabile della Centrale Unica 112 per rispondere ad una richiesta di supporto urgente.
La partecipazione dei gruppi è stata soddisfacente e si è prodotto da subito un clima collaborativo in cui le persone sono state attivamente coinvolte nell’analisi delle motivazioni, che avevano favorito gli incontri stessi e nella descrizione delle eventuali problematiche psicologiche che gli operatori del 112 incontrano durante lo svolgimento della loro mansione.
Sono emersi numerosi punti di discussione, sia relativi alla specificità della funzione, sia relativi al contesto in cui questa si sviluppa, e di approfondimento rispetto alla complessità dell’utenza che al servizio si rivolge. Un aspetto saliente riguarda proprio la necessità, secondo la maggioranza degli addetti, di poter usufruire di un supporto psicologico, da effettuarsi in tempi brevi, nella situazione in cui si vivono esperienze ad elevata criticità.
Da questa esperienza potrebbe nascere un progetto formativo con i seguenti obiettivi:
Analizzare la tipologia degli utenti che si rivolgono al servizio, con un approccio iniziale strettamente pragmatico, partendo dai vissuti esperenziali dei partecipanti, attraverso riflessioni anche teoriche, per giungere ad una classificazione personologica che permetta di elaborare modalità di risposta efficaci e condivisibili dagli operatori.
b) Raccogliere una casistica degli eventi più singolari o problematici, che non sempre possono essere procedurati, al fine di creare un know how comune, sulla base di strategie comportamentali magari già esperite o da implementare ed utili allo scopo. Potrebbe essere vantaggioso per l’organizzazione riconoscere la specificità di alcune situazioni, verificare l’efficacia delle strategie comportamentali finora adottate, al fine di condividerle nel gruppo per uniformare il più possibile le risposte all’utenza, accrescendo anche il senso di appartenenza al sistema.
c) Approfondire la specificità delle diverse strutture operative che intervengono nell’emergenza, funzioni e compiti, per migliorare il livello di collaborazione fra enti diversi anche attraverso momenti di incontro, utili ad una conoscenza/ riconoscimento reciproci.
Nell’ambito di tale progetto si ritiene necessario organizzare una reperibilità psicologica che offra un supporto, entro le 24 ore, agli operatori che abbiano vissuto situazioni ad elevato contenuto stressante e ne avvertano il bisogno.
La partecipazione dei gruppi è stata soddisfacente e si è prodotto da subito un clima collaborativo in cui le persone sono state attivamente coinvolte nell’analisi delle motivazioni, che avevano favorito gli incontri stessi e nella descrizione delle eventuali problematiche psicologiche che gli operatori del 112 incontrano durante lo svolgimento della loro mansione.
Sono emersi numerosi punti di discussione, sia relativi alla specificità della funzione, sia relativi al contesto in cui questa si sviluppa, e di approfondimento rispetto alla complessità dell’utenza che al servizio si rivolge. Un aspetto saliente riguarda proprio la necessità, secondo la maggioranza degli addetti, di poter usufruire di un supporto psicologico, da effettuarsi in tempi brevi, nella situazione in cui si vivono esperienze ad elevata criticità.
Da questa esperienza potrebbe nascere un progetto formativo con i seguenti obiettivi:
Analizzare la tipologia degli utenti che si rivolgono al servizio, con un approccio iniziale strettamente pragmatico, partendo dai vissuti esperenziali dei partecipanti, attraverso riflessioni anche teoriche, per giungere ad una classificazione personologica che permetta di elaborare modalità di risposta efficaci e condivisibili dagli operatori.
b) Raccogliere una casistica degli eventi più singolari o problematici, che non sempre possono essere procedurati, al fine di creare un know how comune, sulla base di strategie comportamentali magari già esperite o da implementare ed utili allo scopo. Potrebbe essere vantaggioso per l’organizzazione riconoscere la specificità di alcune situazioni, verificare l’efficacia delle strategie comportamentali finora adottate, al fine di condividerle nel gruppo per uniformare il più possibile le risposte all’utenza, accrescendo anche il senso di appartenenza al sistema.
c) Approfondire la specificità delle diverse strutture operative che intervengono nell’emergenza, funzioni e compiti, per migliorare il livello di collaborazione fra enti diversi anche attraverso momenti di incontro, utili ad una conoscenza/ riconoscimento reciproci.
Nell’ambito di tale progetto si ritiene necessario organizzare una reperibilità psicologica che offra un supporto, entro le 24 ore, agli operatori che abbiano vissuto situazioni ad elevato contenuto stressante e ne avvertano il bisogno.
30-31 gennaio 2018 Fiera di S. Orso
La fiera di S Orso ha visto quest'anno la partecipazione di 120 volontari di PC, anche a causa delle nuove esigenze di sicurezza. Noi abbiamo collaborato gestendo la tenda accoglienza con il prezioso supporto del Gruppo di PC Junior. I ragazzi sono stati fantastici: hanno sopperito ad una scarsa campagna informativa relativa al nostro spazio, con un volantinaggio mirato alle mamme con bimbi neonati e i risultati si son visti! La nostra tenda è stata visitata da circa 250 bambini il primo giorno e circa 200 il secondo. Numerose sono state le mamme che hanno usufruito dello spazio per allattare e cambiare i piccoli.
30-31 gennaio 2017 Fiera di S. Orso
Anche quest'anno alla Fiera di S. Orso hanno partecipato più di 200 mila persone!! Alla nostra tenda le visite sono state numerosissime (più di 200!). Bambini, genitori. nonni e tanti amici si sono avvicendati chi per il cambio, chi per la pappa e chi per passare un momento di gioco o di riposo.
I cuccioli di PC Donato, Emanuele, Emile, Elisa, Gaia, Samuel: sono stati degli aiutanti preziosi. Benvenuta alla new entry, Alessia!
I cuccioli di PC Donato, Emanuele, Emile, Elisa, Gaia, Samuel: sono stati degli aiutanti preziosi. Benvenuta alla new entry, Alessia!
agosto 2017 Frana ad Ollomont
A Ollomont il forte temporale ha fatto esondare il torrente Buthier, è stata disposta l‘evacuazione di un campeggio in località Glassier, 30 persone in tutto. Inoltre circa venti persone sono state evacuate da Maison Grimpe, così come gli abitanti di una dozzina di fabbricati – di cui alcuni interessati da colate di fango in altre località. Alcuni testimoni hanno raccontato: «Impressionante il rumore e il suolo che tremava. In casa tremavano i mobili». Nel complesso le persone evacuate sono state circa centocinquanta. A Valpelline è stato allestito un campo per accogliere i 60 ragazzi belgi, ospiti di una casa vacanze estiva. I volontari di tutte le associazioni di Protezione civile hanno lavorato per più giorni, accanto alla popolazione e ai vigili del fuoco, per liberare dal fango abitazioni, stalle e magazzini.
09 - 17 dicembre 2016 Intervento con la PC Regionale a Tolentino
Nell'ambito dell'intervento della PC Regionale, PxPVDA ha partecipato con 4 volontari al turno c/o l'area di accoglienza di Tolentino, svolgendo compiti di segreteria e di servizio mensa. Nello stesso periodo abbiamo approfittato della nostra presenza nelle Marche per distribuire il materiale ludico-didattico che le scuole di Gressan Cap. avevano raccolto per i bambini di alcuni comuni dell'entroterra marchigiano
23 - 28 novembre 2016 Intervento nelle zone sismiche: Sarnano e Porto Sant Elpidio
Un'équipe formata da 5 psicologi e un logista , attivati a livello nazionale dalla Federazione PxP, è partita all'alba del 23 novembre, per raggiungere le zone del litorale marchigiano.
L'esperienza a Porto s Elpidio, durata una settimana, è stata molto diversa dalle precedenti, vissute come psicologi volontari dell'associazione, negli eventi sismici dell'Abruzzo e dell'Emilia.
Non abbiamo potuto vivere "il campo" come siamo stati abituati a fare, in un'ottica di intervento psico-sociale. Il coordinamento è stato gestito dal Servizio Sanità locale / regionale, con una grande fatica per chi, senza alcuna esperienza in eventi di grandi emergenze, doveva coordinare le attività dei volontari di diverse associazioni e con orientamenti operativi e metodologici poco uniformi. La grande tenacia delle due coordinatrici del litorale marchigiano, presenti dal 25 agosto sino alla chiusura del PASS a inizio anno 2017, ha permesso lo sviluppo del lavoro nei vari camping e hotel, da parte di psicologi, counselor, educatori, assistenti sociali, ecc. anche se con molte difficoltà organizzative. Mélody, al suo battesimo come psicologo dell'emergenza, ha dato un grande contributo nella gestione dello spazio per i bambini!
Nel campo di Sarnano, invece, l'esperienza della collega Doris è stata molto più coinvolgente, gratificante e ... stancante! Si sono potute creare relazioni privilegiate con le persone accolte nei due tendoni della PC, gli altri volontari e i locali che si son resi disponibili a collaborare per il buon funzionamento di tutta l'organizzazione ai vari livelli.
Grazie alla presenza del logista Leo, abbiamo potuto garantire gli spostamenti, attraverso percorsi non sempre favorevoli, a sarnano e nei vari comuni limitrofi, dove venivamo chiamati ad operare.
L'esperienza a Porto s Elpidio, durata una settimana, è stata molto diversa dalle precedenti, vissute come psicologi volontari dell'associazione, negli eventi sismici dell'Abruzzo e dell'Emilia.
Non abbiamo potuto vivere "il campo" come siamo stati abituati a fare, in un'ottica di intervento psico-sociale. Il coordinamento è stato gestito dal Servizio Sanità locale / regionale, con una grande fatica per chi, senza alcuna esperienza in eventi di grandi emergenze, doveva coordinare le attività dei volontari di diverse associazioni e con orientamenti operativi e metodologici poco uniformi. La grande tenacia delle due coordinatrici del litorale marchigiano, presenti dal 25 agosto sino alla chiusura del PASS a inizio anno 2017, ha permesso lo sviluppo del lavoro nei vari camping e hotel, da parte di psicologi, counselor, educatori, assistenti sociali, ecc. anche se con molte difficoltà organizzative. Mélody, al suo battesimo come psicologo dell'emergenza, ha dato un grande contributo nella gestione dello spazio per i bambini!
Nel campo di Sarnano, invece, l'esperienza della collega Doris è stata molto più coinvolgente, gratificante e ... stancante! Si sono potute creare relazioni privilegiate con le persone accolte nei due tendoni della PC, gli altri volontari e i locali che si son resi disponibili a collaborare per il buon funzionamento di tutta l'organizzazione ai vari livelli.
Grazie alla presenza del logista Leo, abbiamo potuto garantire gli spostamenti, attraverso percorsi non sempre favorevoli, a sarnano e nei vari comuni limitrofi, dove venivamo chiamati ad operare.
2/7 ottobre 2016 Intervento nella zona sismica ad Amatrice, Campo Anpas
lDoris Cassetto è rimasta ad Amatrice una settimana circa per portare conforto e supporto alla popolazione devastata dal terremoto, insieme ad una collega di Cuneo. Nei loro spostamenti, soprattutto nella frazioni più emarginate e a rischio della zona, venivano accompagnate dai soldati dell'Esercito; censire i bisogni delle persone che ancora pernottano nelle proprie case o in abitazioni di fortuna, era il loro compito. Anche all'interno del campo, le colleghe hanno rilevato, con qualche difficoltà organizzativa in più, presenze e necessità degli sfollati. GRAZIE Doris da parte di tutta PxP VDA e della Federazione!
3 e 4 settembre 2016 L'Aquila - Supporto agli psicologi che intervengono nelle zone terremotate del Centro Italia
Articolo tratto da La Vallée Notizie del 3 settembre 2016, settimanale a diffusione regionale.
29-30-31 gennaio 2016 Fiera di S. Orso. Gestione della tenda accoglienza
Anche quest'anno alla Fiera di S. Orso hanno partecipato più di 300 mila persone!! Alla nostra tenda le visite sono state numerosissime (più di 300!). Bambini e genitori si sono avvicendati chi per il cambio, chi per la pappa e chi per passare un momento di gioco o di riposo.
I cuccioli di PC Emile, Louis, Lucrezia, Beatrice e Donato sono stati dei preziosissimi aiutanti e anche delle buone forchette!
I cuccioli di PC Emile, Louis, Lucrezia, Beatrice e Donato sono stati dei preziosissimi aiutanti e anche delle buone forchette!
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Alcune esperienze durante le reperibilità del NPE in collaborazione con i volontari di PxP emergenza VDA
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“Non oltrepassare la zona rossa”
Nella sala di rianimazione del PS è caduto un silenzio sinistro; un attimo prima si poteva percepire l’agitazione frenetica del “fare”, il suono metallico dei monitor , del respiratore; i passi veloci degli operatori che uscivano e rientravano subito dopo, con “altri strumenti di vita”.
Ora più nulla.
Un’infermiera con gli occhi lucidi esce, spingendo a fatica un carrellino con sopra qualcosa, coperto da un telo verde: qualsiasi cosa sia, si capisce che è ormai divenuta inutile e permette alla persona di allontanarsi da una dimensione emotiva in cui nulla può alleviare il dolore.
Non è difficile immaginare cosa stia succedendo dall’ altra parte della tenda rossa, nella sala di rianimazione, dove tutta l’équipe del PS, sta disperatamente tentando di salvare un ragazzo adolescente, vittima di un incidente: è il figlio di una collega. Forse sarebbe più opportuno usare il tempo passato ma la mente si rifiuta.
L’esperienza della morte è un evento che la nostra cultura occidentale non è ancora stata in grado di elaborare: è un concetto negato, visto come un fallimento e, se si tratta di un quattordicenne che conosci, che hai visto crescere, che appartiene al tuo gruppo ed è un po’ anche figlio tuo, la sua morte diventa un evento inaccettabile, scandaloso alla razionalità della coscienza.
Oltre la tenda rossa si percepisce il dolore che ha invaso tutti i presenti, il senso di impotenza, la frustrazione.
In questi casi lo psicologo è lì per “sostenere”, per accogliere la sofferenza dell’altro, per stare accanto e non scappare…. da un dolore inaudito. Dovrebbe avere una funzione di “contenitore pensante” là dove, per le persone psicologicamente ferite, ogni pensiero è alienato alla mente. Sappiamo che lo shock emotivo risparmia un’analisi “cognitiva” dell’evento e quindi la crudezza di una realtà insostenibile ma interrompe anche il normale agire routinario e distrugge ogni raggio d’azione dell’io. Ora lo psicologo si trova ad affrontare e a condividere lo stesso turbinio di sentimenti, il senso vero e profondo dell’impotenza. E’ come veder abbattere i propri argini protettivi e veder emergere la propria vulnerabilità mortale. Una morte inaspettata ed il dolore sono situazioni che piombano all’ improvviso nella vita di ognuno di noi: è impossibile essere preparati ad una simile prova.
“Socchiudo la porta che mette in comunicazione con la “zona rossa”: i colleghi stanno intorno alla barella dove Mario giace, ormai staccato da quei tubi e fili che lo ancoravano alla vita. Stanno piangendo, immobili e stretti nei loro camici. Mi prende un gelo dentro…un dolore alla bocca dello stomaco... E’ un’immagine inconsueta e forte, emotivamente quasi intollerabile, non posso far nulla, non posso dir nulla…l’unica cosa che servirebbe è il silenzio… o parole che neghino l’accaduto. Richiudo piano la porta e mi fermo lì, quasi a proteggere, a difendere quello spazio affettivo carico di drammaticità…e di sacralità… perché nessuno entri ...nessuno oltrepassi la tenda rossa, per non disturbare la sofferenza di quegli attimi sospesi nel tempo. Fuori la vita frenetica del pronto soccorso sta continuando, apparentemente indifferente a quanto succede due metri più in là.
Il gruppo ha il diritto di esprimere la propria disperazione, di riconoscersela l’un l’altro…di prendersi il tempo per vivere il proprio dolore. Passano attimi di eternità e qualcuno esce…. Non lo riconosco…. perché le lacrime accecano…. Mi trascina dentro - Abbiamo bisogno di te…- Ci abbracciamo…Nessuno riesce a parlare… c’è bisogno di stringersi…di tenersi per mano…di guardarsi e sentire che l’altro è lì vicino, sa cosa stai passando, capisce…
Qualcuno dice che ora nulla sarà più come prima…. Sentiamo che l’equilibrio pre-esistente si è rotto, abbiamo bisogno di essere aiutati a rielaborare il senso di svuotamento, i sentimenti di angoscia, di disperazione, di rabbia e di impotenza. Decidiamo di ritrovarci, il giorno dopo, per riparlarne, per condividere le emozioni vissute, il senso di fallimento, perché ora il nostro “fare” non ci mette più al riparo dal “pensare”, dalla consapevolezza dei nostri limiti. Abbiamo bisogno di scaricare in qualche modo il peso psichico di questa notte.
Le tracce, le ferite psicologiche che eventi del genere possono lasciare sono a volte indelebili, possono causare reazioni di iperattività, reazioni depressive, apatia, sentimenti di inadeguatezza e di incapacità, difficoltà a riprendere il lavoro e la normale routine della vita quotidiana.
Sappiamo che chi opera nell’emergenza subisce un attacco costante ed inevitabile alla propria vita emozionale; vive un microcosmo lavorativo ad elevata tensione emotiva, dove accanto alle prestazioni professionali “esiste dell’altro”, difficilmente quantificabile e poco dicibile ma reale.
Venturella Elvira
Nella sala di rianimazione del PS è caduto un silenzio sinistro; un attimo prima si poteva percepire l’agitazione frenetica del “fare”, il suono metallico dei monitor , del respiratore; i passi veloci degli operatori che uscivano e rientravano subito dopo, con “altri strumenti di vita”.
Ora più nulla.
Un’infermiera con gli occhi lucidi esce, spingendo a fatica un carrellino con sopra qualcosa, coperto da un telo verde: qualsiasi cosa sia, si capisce che è ormai divenuta inutile e permette alla persona di allontanarsi da una dimensione emotiva in cui nulla può alleviare il dolore.
Non è difficile immaginare cosa stia succedendo dall’ altra parte della tenda rossa, nella sala di rianimazione, dove tutta l’équipe del PS, sta disperatamente tentando di salvare un ragazzo adolescente, vittima di un incidente: è il figlio di una collega. Forse sarebbe più opportuno usare il tempo passato ma la mente si rifiuta.
L’esperienza della morte è un evento che la nostra cultura occidentale non è ancora stata in grado di elaborare: è un concetto negato, visto come un fallimento e, se si tratta di un quattordicenne che conosci, che hai visto crescere, che appartiene al tuo gruppo ed è un po’ anche figlio tuo, la sua morte diventa un evento inaccettabile, scandaloso alla razionalità della coscienza.
Oltre la tenda rossa si percepisce il dolore che ha invaso tutti i presenti, il senso di impotenza, la frustrazione.
In questi casi lo psicologo è lì per “sostenere”, per accogliere la sofferenza dell’altro, per stare accanto e non scappare…. da un dolore inaudito. Dovrebbe avere una funzione di “contenitore pensante” là dove, per le persone psicologicamente ferite, ogni pensiero è alienato alla mente. Sappiamo che lo shock emotivo risparmia un’analisi “cognitiva” dell’evento e quindi la crudezza di una realtà insostenibile ma interrompe anche il normale agire routinario e distrugge ogni raggio d’azione dell’io. Ora lo psicologo si trova ad affrontare e a condividere lo stesso turbinio di sentimenti, il senso vero e profondo dell’impotenza. E’ come veder abbattere i propri argini protettivi e veder emergere la propria vulnerabilità mortale. Una morte inaspettata ed il dolore sono situazioni che piombano all’ improvviso nella vita di ognuno di noi: è impossibile essere preparati ad una simile prova.
“Socchiudo la porta che mette in comunicazione con la “zona rossa”: i colleghi stanno intorno alla barella dove Mario giace, ormai staccato da quei tubi e fili che lo ancoravano alla vita. Stanno piangendo, immobili e stretti nei loro camici. Mi prende un gelo dentro…un dolore alla bocca dello stomaco... E’ un’immagine inconsueta e forte, emotivamente quasi intollerabile, non posso far nulla, non posso dir nulla…l’unica cosa che servirebbe è il silenzio… o parole che neghino l’accaduto. Richiudo piano la porta e mi fermo lì, quasi a proteggere, a difendere quello spazio affettivo carico di drammaticità…e di sacralità… perché nessuno entri ...nessuno oltrepassi la tenda rossa, per non disturbare la sofferenza di quegli attimi sospesi nel tempo. Fuori la vita frenetica del pronto soccorso sta continuando, apparentemente indifferente a quanto succede due metri più in là.
Il gruppo ha il diritto di esprimere la propria disperazione, di riconoscersela l’un l’altro…di prendersi il tempo per vivere il proprio dolore. Passano attimi di eternità e qualcuno esce…. Non lo riconosco…. perché le lacrime accecano…. Mi trascina dentro - Abbiamo bisogno di te…- Ci abbracciamo…Nessuno riesce a parlare… c’è bisogno di stringersi…di tenersi per mano…di guardarsi e sentire che l’altro è lì vicino, sa cosa stai passando, capisce…
Qualcuno dice che ora nulla sarà più come prima…. Sentiamo che l’equilibrio pre-esistente si è rotto, abbiamo bisogno di essere aiutati a rielaborare il senso di svuotamento, i sentimenti di angoscia, di disperazione, di rabbia e di impotenza. Decidiamo di ritrovarci, il giorno dopo, per riparlarne, per condividere le emozioni vissute, il senso di fallimento, perché ora il nostro “fare” non ci mette più al riparo dal “pensare”, dalla consapevolezza dei nostri limiti. Abbiamo bisogno di scaricare in qualche modo il peso psichico di questa notte.
Le tracce, le ferite psicologiche che eventi del genere possono lasciare sono a volte indelebili, possono causare reazioni di iperattività, reazioni depressive, apatia, sentimenti di inadeguatezza e di incapacità, difficoltà a riprendere il lavoro e la normale routine della vita quotidiana.
Sappiamo che chi opera nell’emergenza subisce un attacco costante ed inevitabile alla propria vita emozionale; vive un microcosmo lavorativo ad elevata tensione emotiva, dove accanto alle prestazioni professionali “esiste dell’altro”, difficilmente quantificabile e poco dicibile ma reale.
Venturella Elvira
“Chi è riuscito a dormire questa notte?”
Sembra una domanda banale, fatta come da routine, dopo un turno in centrale di dodici ore ma è tutt’altro che banale…. Chi la fa è un infermiere della Centrale Operativa, con trent’anni quasi di esperienza che proprio non ce la fa a far finta di nulla, come spesso si tenta… non ce la fa perché il giorno prima ha dovuto reggere una richiesta di aiuto telefonica di una mamma che, in preda alla disperazione, tentava di rianimare, con il marito, il proprio figlioletto di pochi mesi. Il disagio che ne emerge è tangibile quanto il desiderio di esprimerlo.
Sono una psicologa del nucleo per l’emergenza che collabora con il 118 e oggi, casualmente, passo dai colleghi per sentire come va. Remo mi accoglie con il suo solito sorriso, dolce e rassegnato ma nel tono della sua voce si coglie un’ emozione diversa. Come si può dimenticare quel dolore, come si fa a metabolizzarlo?
I soccorritori sono continuamente esposti a terribili avvenimenti proprio perché hanno scelto un certo tipo di lavoro… ma è umanamente possibile
dimenticare? Ogni soccorritore è un essere umano quindi reagisce ad un trauma come è capace, in base a diversi fattori che variano da persona a persona e nella stessa persona, dal preciso momento storico che sta vivendo, da ciò che l’evento evoca dentro di sé.
Remo vuole parlarne proprio perché, forse, quell’evento rappresenta la goccia che ha fatto traboccare il vaso: la tristezza e il dolore sono esperienze umane e non possono essere delegate ma è altrettanto importante riconoscere la possibilità che un evento possa traumatizzare, per il significato che in quel momento assume per la persona. E tra gli eventi più struggenti, anche per chi è abituato alla tragedia per professione, c’è la perdita, la morte di un bambino.
Decidiamo di vederci nel pomeriggio con chi era presente in turno, chi può e chi se la sente, per una sorta di defusing. Alle 15 ci vediamo in centrale, nella saletta dove normalmente ci si rilassa, si consuma un pasto veloce: ci sono tutti. Stanno seduti vicini, come a sostenersi idealmente.
“ Ero con la collega - esordisce Remo - meno male che c’era lei…ma dopo un po’ mi sono completamente isolato…non sentivo più nessuno alle mie spalle ma so che erano tutti lì.. con il fiato sospeso…. Sono stati splendidi. Devi sentire il nastro, è tutto registrato, devi ascoltare così capisci… non potevo fare di più, ho cercato di tenere agganciata la mamma al telefono perchè non impazzisse e ci dicesse dove cavolo era quella frazione maledetta che non si trovava sulla carta…Cercate la registrazione, solo così si capisce…”
Interrompiamo perché capiamo che Remo deve “metterci dentro” al suo vissuto emotivo, vuole farci rivivere quei momenti perchè solo così ha la certezza che possiamo sentire e capire, che non restiamo ai margini, la caposala ed io, come degli spettatori.
Remo è un soccorritore “solido”, a detta di tutti, capace, preparato e soprattutto umano; sono anni che agisce nell’emergenza, che fa contatto con quel dolore sordo e insistente a cui un po’ per volta ci si abitua e che poi ci si lascia alle spalle. Ma questa volta no….
La registrazione è subito disponibile. Ci troviamo a rivivere un frammento di vita sospesa come i nostri respiri, trasudante angoscia, dolore, disperazione a cui nessuno può sottrarsi.
La voce di Remo è incredibilmente autorevole, rassicurante, coinvolgente. Ci sentiamo tutti trascinati in un abisso di dolore dove le coordinate spazio-temporali perdono di significato… sono quindici minuti di registrazione che sembrano un’eternità.
Il lavoro del soccorritore è spesso di squadra, ed in questo caso la squadra c’è, rappresenta un contenitore tanto invisibile quanto potente che preserva da una solitudine emotiva, permette anzi il defluire delle emozioni….. permette di sentire lo stesso malessere come se fosse impresso sulla pelle di un unico corpo; di avvertire una reale condivisione dell’esperienza di dolore e di impotenza, di specchiarsi gli uni nello sguardo commosso degli altri.
Non è trattata come debolezza la possibilità di vivere un’ emozione, di riconoscerla come propria perché è identica a quella esternata dal compagno. Il tutto riporta ad una dimensione umana di lettura vera di sé in relazione all’evento, ai colleghi, per giungere alla consapevolezza che tutto ciò è davvero reale, è possibile raccontare e raccontarsi senza vergognarsene, evitando che “le lacrime inespresse incrostino i meccanismi di funzionamento interni”.
Poter condividere la stessa esperienza nella squadra fortifica la coesione del gruppo, allevia il peso della sofferenza vissuta e aumenta la possibilità di elaborarla.
Venturella Elvira
2 luglio 2015 Ricerca scomparso ai piedi del M Bianco
Scompare mercoledì pomeriggio un'istruttrice di parapendio sul crinale del M Bianco. Guidava un gruppo di 5 persone; il marito rientra in serata a Chamonix, convinto che Hélène sia atterrata in Francia passando dal Col de la Seigne. Darà l'allarme verso le 21. Le ricerche partono nel primo pomeriggio del giorno dopo, dalla parte italiana, con la partecipazione di VVF, SAV GdF, SA Valdostano e volontari della PC. L'attività da terra e dal cielo si estende su di un territorio lungo ben 34 km di area boschiva e di alta montagna. Due ricercatori di PxP Emergenza VDA partecipano alle ricerche. La collaborazione con i VVF e il SAV della GdiF e il Soccorso Alpino è ottima: all'inizio le speranze sono ancora tante e l'umore alto.
Sia il primo che il secondo giorno gli psicologi dell'associazione supportano il marito, i figli e i genitori della donna scomparsa; collaborano alle ricerche un folto gruppo di amici velisti, arrivati apposta dalla Francia. Proprio uno di loro avvista le vela sulle rocce a quasi 3000 metri nell'alta Val Veny.
Il corpo viene recuperato e portato nella piccola morgue di Courmayeur; il dolore dei parenti e soprattutto dei genitori è straziante: già un fratello di Hélène è morto tragicamente in un incidente di aereo, le cui cause son rimaste sconosciute.
Sia il primo che il secondo giorno gli psicologi dell'associazione supportano il marito, i figli e i genitori della donna scomparsa; collaborano alle ricerche un folto gruppo di amici velisti, arrivati apposta dalla Francia. Proprio uno di loro avvista le vela sulle rocce a quasi 3000 metri nell'alta Val Veny.
Il corpo viene recuperato e portato nella piccola morgue di Courmayeur; il dolore dei parenti e soprattutto dei genitori è straziante: già un fratello di Hélène è morto tragicamente in un incidente di aereo, le cui cause son rimaste sconosciute.
20 marzo 2015 Intervento di negoziazione per minaccia di esplosione
A Perloz è stato svolto un intervento di negoziazione: un signore, in condizioni psicofisiche precarie, minaccia di far saltare la sua casa situata in mezzo al paese. Sono visibili in tutta l'area cartelli minatori di avvertimento del pericolo e collegamenti a bomboloni del gas. Intervengono i carabinieri e un negoziatore dell'Associazione. Dopo lunghe trattative, anche grazie alla successiva collaborazione del negoziatore dei Carabinieri, proveniente da Torino, il signore viere reso inoffensivo dalle Forze dell'Ordine.
26 marzo 2015
Scompare un'insegnante: intervento sul campo del NPE e di Psicologi per i Popoli VDA illustrato a Torino
Hanno partecipato al seminario annuale formativo organizzato da PxP Torino, le dr. D'Aubert, Donati e Quartuccio, , portando un importante contributo esperenziale e teorico sul caso dell'insegnante Christiane, scomparsa nel dicembre del 2013.
L'intervento è stato molto apprezzato dai corsisti che hanno posto numerose domande.
Il lavoro di sostegno al sistema coinvolto si era sviluppato su più fronti: a livello scolastico, con incontri realizzati con alunni , insegnanti e genitori; a livello familiare, con il supporto e l'accompagnamento , dal momento del ritrovamento del corpo, al suo riconoscimento, ai riti funebri e al primo cammino di elaborazione del tragico lutto, per concludersi con l'attivazione della rete psicologica territoriale. Si rimanda alla pagina degli interventi per una relazione spiù approfondita ul caso.
L'intervento è stato molto apprezzato dai corsisti che hanno posto numerose domande.
Il lavoro di sostegno al sistema coinvolto si era sviluppato su più fronti: a livello scolastico, con incontri realizzati con alunni , insegnanti e genitori; a livello familiare, con il supporto e l'accompagnamento , dal momento del ritrovamento del corpo, al suo riconoscimento, ai riti funebri e al primo cammino di elaborazione del tragico lutto, per concludersi con l'attivazione della rete psicologica territoriale. Si rimanda alla pagina degli interventi per una relazione spiù approfondita ul caso.
30 - 31 gennaio 2015 FIERA S.ORSO
Come ogni anno si è svolta ad Aosta la fiera millenaria di S. Orso. Le associazioni di volontariato della Protezione Civile hanno assicurato i servizi di controllo e assistenza alla popolazione; sono stati circa trecentomila i visitatori che sono intervenuti alla due giorni della Fiera. L'Associazione di volontariato Psicologi per i Popoli Emergenza Valle d'Aosta ha gestito, in collaborazione con alcuni volontari di altre associazioni, la tenda "Accoglienza", spazio sosta e gioco riservato a bambini, genitori, nonni ... Moltissime persone hanno usufruito dello spazio riservato ai più piccoli (per allattamento, pappe, cambio pannolini ...) e della zona gioco per i più grandicelli, nonché della "calda accoglienza" per gli infreddoliti. Come l'anno scorso, di grandissimo aiuto son stati i "cuccioli di Protezione Civile" di PxP VDA che hanno collaborato nel gestire il materiale ludico e i momenti di attività. Il gruppo dei cuccioli è nato due anni fa in occasione delle giornate di sensibilizzazione alla cultura di Protezione Civile, rivolte ai bambini di alcuni comuni della Valle come Cogne, Pont St. Martin, Bionaz. La fiera è stata un'ottima occasione esercitativa per rivedere il materiale che, in situazione di emergenza, deve essere immediatamente disponibile.
Come ogni anno si è svolta ad Aosta la fiera millenaria di S. Orso. Le associazioni di volontariato della Protezione Civile hanno assicurato i servizi di controllo e assistenza alla popolazione; sono stati circa trecentomila i visitatori che sono intervenuti alla due giorni della Fiera. L'Associazione di volontariato Psicologi per i Popoli Emergenza Valle d'Aosta ha gestito, in collaborazione con alcuni volontari di altre associazioni, la tenda "Accoglienza", spazio sosta e gioco riservato a bambini, genitori, nonni ... Moltissime persone hanno usufruito dello spazio riservato ai più piccoli (per allattamento, pappe, cambio pannolini ...) e della zona gioco per i più grandicelli, nonché della "calda accoglienza" per gli infreddoliti. Come l'anno scorso, di grandissimo aiuto son stati i "cuccioli di Protezione Civile" di PxP VDA che hanno collaborato nel gestire il materiale ludico e i momenti di attività. Il gruppo dei cuccioli è nato due anni fa in occasione delle giornate di sensibilizzazione alla cultura di Protezione Civile, rivolte ai bambini di alcuni comuni della Valle come Cogne, Pont St. Martin, Bionaz. La fiera è stata un'ottima occasione esercitativa per rivedere il materiale che, in situazione di emergenza, deve essere immediatamente disponibile.
7-8-9 gennaio 2015 La Thuile "Ricerca disperso"
Veniamo allertati, come squadra ricerca dei volontari di Protezione Civile, verso le ore 18 per la scomparsa di un signore di 50 anni, la cui macchina è stata ritrovata nella zona di La Thuile, importante stazione sciistica valdostana. La squadra è composta da volontari di più associazioni; della nostra, Psicologi per i popoli, siamo in due (Vidi e Venturella). Le ricerche si protraggono per alcuni giorni, con brevi sospensioni causa maltempo. Fa freddo e soffia un vento gelido. La poca neve non permette di rilevare tracce significative; i cinofili con i loro cani molecolari lavorano senza sosta insieme ai VVF, al Soccorso Alpino, ai forestali e alla GdF. Le tracce sono scarse, più passano le ore più le speranze si affievoliscono. Le ricerche verranno sospese un giorno prima che il corpo del poveretto venga ritrovato, molto più a valle, sul greto del torrente.
Veniamo allertati, come squadra ricerca dei volontari di Protezione Civile, verso le ore 18 per la scomparsa di un signore di 50 anni, la cui macchina è stata ritrovata nella zona di La Thuile, importante stazione sciistica valdostana. La squadra è composta da volontari di più associazioni; della nostra, Psicologi per i popoli, siamo in due (Vidi e Venturella). Le ricerche si protraggono per alcuni giorni, con brevi sospensioni causa maltempo. Fa freddo e soffia un vento gelido. La poca neve non permette di rilevare tracce significative; i cinofili con i loro cani molecolari lavorano senza sosta insieme ai VVF, al Soccorso Alpino, ai forestali e alla GdF. Le tracce sono scarse, più passano le ore più le speranze si affievoliscono. Le ricerche verranno sospese un giorno prima che il corpo del poveretto venga ritrovato, molto più a valle, sul greto del torrente.
1° aprile 2014 Emergenza frana La Saxe
Il primo aprile, nuova emergenza frana; riprendono i turni di guardiania notturna ma la situazione logistica migliora notevolmente. Veniamo accolti in una confortevole abitazione di "Montagna Sicura" a Villa Camerun". Vengono nuovamente attivati i controlli ai cancelli che delimitano le zone rosse, dalle 7 del mattino alle 18,30 di sera, per regolare l'accesso e il rientro programmato sia di abitanti che di operai. I turni, sia di gurdiania sia ai cancelli, continuano sino all'8 aprile, data in cui il sindaco ordina l'evacuazione della zona La Palud, a causa di un probabile crollo imminente di una grande porzione della frana.
Per evitare lo stato di "assedio della frana" e lo stillicidio continuo di notizie allarmanti, viene promossa la realizzazione di un'importante opera di protezione: un vallo lungo 750 metri, largo 20 e alto fino a 11 metri, la cui costruzione inizia lo stesso mese, con l'inaugurazione del capo della Protezione Civile Franco Gabrielli.
La parte alta della frana resta inspiegabilmente appesa sfidando la forza di gravità ma rispettando le antiche previsioni dei valligiani.
Il 5 maggio 2014 la frana pare aver interrotto il suo scivolamento a valle e il pericolo cessa.
Il Sindaco revoca l'ordinanza, riapre la zona alla viabilità, permettendo agli operatori turistici di ridare avvio alla stagione . Gli abitanti di La Palud, evacuati l'8 aprile, possono far ritorno nelle proprie case con lo stesso fatalismo ottimistico dei loro camosci che son tornati nei pascoli abituali.
Per evitare lo stato di "assedio della frana" e lo stillicidio continuo di notizie allarmanti, viene promossa la realizzazione di un'importante opera di protezione: un vallo lungo 750 metri, largo 20 e alto fino a 11 metri, la cui costruzione inizia lo stesso mese, con l'inaugurazione del capo della Protezione Civile Franco Gabrielli.
La parte alta della frana resta inspiegabilmente appesa sfidando la forza di gravità ma rispettando le antiche previsioni dei valligiani.
Il 5 maggio 2014 la frana pare aver interrotto il suo scivolamento a valle e il pericolo cessa.
Il Sindaco revoca l'ordinanza, riapre la zona alla viabilità, permettendo agli operatori turistici di ridare avvio alla stagione . Gli abitanti di La Palud, evacuati l'8 aprile, possono far ritorno nelle proprie case con lo stesso fatalismo ottimistico dei loro camosci che son tornati nei pascoli abituali.
30-31 gennaio 2014 Fiera di S. Orso
Non senza qualche problema logistico, dipendente dal costo di riscaldamento, anche quest'anno riusciamo ad organizzare la "tenda accoglienza" per la Fiera di S. Orso. Nello spazio gioco ruotano tutti i volontari di Protezione Civile, con qualche difficoltà di adattamento al ruolo che nell'ambito di questo servizio è necessario svolgere.
8 gennaio 2014 - intervento scuola Einaudi.
Intervento realizzato presso la Scuola Secondaria di Primo Grado
“L. Einaudi” periodo gennaio-marzo 2014 in relazione alla scomparsa
dell’ insegnante Christiane S. da:
L’intervento è stato richiesto per gli studenti di tutta la scuola.
La tragedia però toccava la globalità del contesto scolastico e non solo gli alunni, anche gli insegnanti quindi e gli stessi genitori come persone, come educatori-formatori e come famiglie.
La richiesta era all’inizio orientata a realizzare, in modo esteso e indifferenziato, spazi di ascolto individuali rivolti agli alunni; tale ipotesi si rivelava subito improponibile sia in termini di economia di tempo, sia perché avrebbe attribuito ai singoli disagi connotazione di patologia, invece che di fisiologiche manifestazioni di una complessità di vissuti.
E’ ormai riconosciuto scientificamente come il valore del vivere insieme nei gruppi gli "echi silenziosi" che un simile evento fa scaturire, ha un'efficacia maggiore del singolo colloquio individuale.
Il Presidente di PxP, ha attivato il NPE e la rete nazionale delle Associazioni di PxP, sezione scomparsi, per un confronto e per elaborare un progetto di intervento mirato a rispondere ai bisogni, alle paure, ai dubbi degli alunni, degli insegnanti e dei genitori della scuola, dopo la scomparsa della loro insegnante di educazione artistica.
Con gli insegnanti
Durante una riunione preliminare, nel confronto con il Dirigente di Istituto ed alcuni docenti, è stato definito il setting più consono all’incontro, considerando la presenza degli insegnanti in aula come un punto di forza, facilitante l’interazione fra i ragazzi, nell’attivazione e nella gestione delle loro emozioni.
Si è data importanza alla suddivisione dei gruppi classe, tenendo in considerazione la differenza tra allievi diretti di Christiane e quelli che l’avevano conosciuta solo indirettamente
Intervento realizzato presso la Scuola Secondaria di Primo Grado
“L. Einaudi” periodo gennaio-marzo 2014 in relazione alla scomparsa
dell’ insegnante Christiane S. da:
- Nucleo Psicologico Emergenza NPE
- Psicologi per i Popoli - Emergenza Valle d’Aosta
L’intervento è stato richiesto per gli studenti di tutta la scuola.
La tragedia però toccava la globalità del contesto scolastico e non solo gli alunni, anche gli insegnanti quindi e gli stessi genitori come persone, come educatori-formatori e come famiglie.
La richiesta era all’inizio orientata a realizzare, in modo esteso e indifferenziato, spazi di ascolto individuali rivolti agli alunni; tale ipotesi si rivelava subito improponibile sia in termini di economia di tempo, sia perché avrebbe attribuito ai singoli disagi connotazione di patologia, invece che di fisiologiche manifestazioni di una complessità di vissuti.
E’ ormai riconosciuto scientificamente come il valore del vivere insieme nei gruppi gli "echi silenziosi" che un simile evento fa scaturire, ha un'efficacia maggiore del singolo colloquio individuale.
Il Presidente di PxP, ha attivato il NPE e la rete nazionale delle Associazioni di PxP, sezione scomparsi, per un confronto e per elaborare un progetto di intervento mirato a rispondere ai bisogni, alle paure, ai dubbi degli alunni, degli insegnanti e dei genitori della scuola, dopo la scomparsa della loro insegnante di educazione artistica.
Con gli insegnanti
Durante una riunione preliminare, nel confronto con il Dirigente di Istituto ed alcuni docenti, è stato definito il setting più consono all’incontro, considerando la presenza degli insegnanti in aula come un punto di forza, facilitante l’interazione fra i ragazzi, nell’attivazione e nella gestione delle loro emozioni.
Si è data importanza alla suddivisione dei gruppi classe, tenendo in considerazione la differenza tra allievi diretti di Christiane e quelli che l’avevano conosciuta solo indirettamente
Con studenti e insegnanti
Il primo incontro è avvenuto il 10 gennaio 2014.
Un primo momento iniziale è’ stato dedicato alla presentazione ai gruppi della figura e del ruolo dello psicologo dell’emergenza, nella situazione specifica di criticità, con particolare attenzione agli obiettivi dell’incontro, al fine di definire un luogo e un tempo dove poter parlare in modo esplicito della scomparsa dell’ insegnante.
L’incontro si è focalizzato sull’interazione del gruppo studenti - insegnanti, invitando alla verbalizzazione dei pensieri e delle emozioni provate (disorientamento, rabbia, paura, tristezza, senso di abbandono, stati emotivi alternati, sensi di colpa, giudizio es. “come ha potuto lasciare la sua famiglia?”). Grazie a questa attivazione si è potuto legittimare l’esistenza di tutte quelle emozioni, sensazioni e pensieri che in una situazione simile possono emergere ma che possono risultare incomprensibili ed estranee al sè.
Dopo la discussione in gruppo si è proposto ai ragazzi di creare un elaborato personale ed anonimo, finalizzato a lasciare traccia di ciò che era emerso attraverso l’espressione di frasi , poesie o disegni.
L’obiettivo del primo incontro è stato incoraggiare la possibilità di riservarsi uno spazio di pensiero positivo e di apertura, al fine di poter conservare dentro di sé una relazione “buona” e non giudicante con l’insegnante, un possibile ricordo benevolo.
Tutto questo è stato possibile grazie alla partecipazione attiva della maggior parte degli alunni e alla presenza di alcuni insegnanti all’incontro.
Per fornire una cornice contenitiva ad un quadro fatto di confusione e stupore, disorientamento, sofferenza e rabbia, ma anche speranza e positività, tutti i messaggi dei ragazzi sono stati, in un secondo momento, riletti e riorganizzati dagli psicologi in un cartellone riassuntivo (per salvaguardarne l’anonimato, come promesso, ma restituire anche una produzione globale, neutra e condivisibile).
Gli obiettivi del secondo incontro, realizzato il 28 febbraio, sono stati adattati tenendo presente il passaggio dalla prima fase, in cui l’insegnante era considerata “persona scomparsa, spontaneamente allontanatasi da casa“, con la speranza che fosse ancora viva, alla seconda, in cui la notizia del ritrovamento del corpo dell’insegnante, ormai privo di vita, aveva riportato drasticamente tutti ad una dolorosa realtà.
Il poter rivevere insieme il passaggio dalla speranza in un ritorno alla scoperta della triste verità è stato essenziale per una elaborazione condivisa del lutto comunitario.
Son stati nuovamente proposti dei lavori di gruppo (con alunni di più classi insieme) in cui poter restituire quanto era stato elaborato negli incontri precedenti (disegni e pensieri raccontati attraverso l’immagine di in un volto femminile, costruito con alcune delle frasi dei ragazzi) e affrontare insieme la spietata realtà.
Durante l’incontro è stata data ai ragazzi la possibilità di esprimere dolore, rabbia, confusione e tutte quelle emozioni connesse alla perdita e al lutto, attraverso l’utilizzo di tecniche specifiche di attivazione collettiva.
La possibilità di confrontarsi e condividere le emozioni ed i pensieri emersi, ha permesso di rielaborare insieme la riflessione sul concetto di morte, quale evento naturale ineluttabile e racchiuso nel concetto stesso di vita e di poter ricordare episodi e aneddoti, positivi e negativi, legati alla memoria dell’insegnante.
Il ricordo, accompagnato ad emozioni contenute e gestibili, ha costituito la parte ultima dell’intervento, quale elaborazione dei vissuti legati alla mancanza e alla perdita di una persona cara.
Il primo incontro è avvenuto il 10 gennaio 2014.
Un primo momento iniziale è’ stato dedicato alla presentazione ai gruppi della figura e del ruolo dello psicologo dell’emergenza, nella situazione specifica di criticità, con particolare attenzione agli obiettivi dell’incontro, al fine di definire un luogo e un tempo dove poter parlare in modo esplicito della scomparsa dell’ insegnante.
L’incontro si è focalizzato sull’interazione del gruppo studenti - insegnanti, invitando alla verbalizzazione dei pensieri e delle emozioni provate (disorientamento, rabbia, paura, tristezza, senso di abbandono, stati emotivi alternati, sensi di colpa, giudizio es. “come ha potuto lasciare la sua famiglia?”). Grazie a questa attivazione si è potuto legittimare l’esistenza di tutte quelle emozioni, sensazioni e pensieri che in una situazione simile possono emergere ma che possono risultare incomprensibili ed estranee al sè.
Dopo la discussione in gruppo si è proposto ai ragazzi di creare un elaborato personale ed anonimo, finalizzato a lasciare traccia di ciò che era emerso attraverso l’espressione di frasi , poesie o disegni.
L’obiettivo del primo incontro è stato incoraggiare la possibilità di riservarsi uno spazio di pensiero positivo e di apertura, al fine di poter conservare dentro di sé una relazione “buona” e non giudicante con l’insegnante, un possibile ricordo benevolo.
Tutto questo è stato possibile grazie alla partecipazione attiva della maggior parte degli alunni e alla presenza di alcuni insegnanti all’incontro.
Per fornire una cornice contenitiva ad un quadro fatto di confusione e stupore, disorientamento, sofferenza e rabbia, ma anche speranza e positività, tutti i messaggi dei ragazzi sono stati, in un secondo momento, riletti e riorganizzati dagli psicologi in un cartellone riassuntivo (per salvaguardarne l’anonimato, come promesso, ma restituire anche una produzione globale, neutra e condivisibile).
Gli obiettivi del secondo incontro, realizzato il 28 febbraio, sono stati adattati tenendo presente il passaggio dalla prima fase, in cui l’insegnante era considerata “persona scomparsa, spontaneamente allontanatasi da casa“, con la speranza che fosse ancora viva, alla seconda, in cui la notizia del ritrovamento del corpo dell’insegnante, ormai privo di vita, aveva riportato drasticamente tutti ad una dolorosa realtà.
Il poter rivevere insieme il passaggio dalla speranza in un ritorno alla scoperta della triste verità è stato essenziale per una elaborazione condivisa del lutto comunitario.
Son stati nuovamente proposti dei lavori di gruppo (con alunni di più classi insieme) in cui poter restituire quanto era stato elaborato negli incontri precedenti (disegni e pensieri raccontati attraverso l’immagine di in un volto femminile, costruito con alcune delle frasi dei ragazzi) e affrontare insieme la spietata realtà.
Durante l’incontro è stata data ai ragazzi la possibilità di esprimere dolore, rabbia, confusione e tutte quelle emozioni connesse alla perdita e al lutto, attraverso l’utilizzo di tecniche specifiche di attivazione collettiva.
La possibilità di confrontarsi e condividere le emozioni ed i pensieri emersi, ha permesso di rielaborare insieme la riflessione sul concetto di morte, quale evento naturale ineluttabile e racchiuso nel concetto stesso di vita e di poter ricordare episodi e aneddoti, positivi e negativi, legati alla memoria dell’insegnante.
Il ricordo, accompagnato ad emozioni contenute e gestibili, ha costituito la parte ultima dell’intervento, quale elaborazione dei vissuti legati alla mancanza e alla perdita di una persona cara.
18 aprile 2013 Emergenza frana La Saxe
Alle 11.30 del 18 aprile arriva la convocazione dal COC di Courmayeur per tutti i volontari di protezione Civile.
Agli psicologi in primis vengono richieste alcune specifiche attività, in collaborazione con la CRI. E’ necessario formulare gli elenchi della popolazione, suddivisi per categorie (residenti autoctoni o turisti, ospiti di alberghi o di case private).
Dalle ore 19.30 ha inizio la ricerca, che durerà tutta la notte, di un contatto telefonico con gli abitanti, residenti e turisti, per riferire il messaggio di allerta, per avviare la compilazione delle schede raccolta-dati e la classificazione dei bisogni/priorità di tutti i contattati. Nella scheda individuale o di famiglia vengono segnalati i seguenti dati:
Agli psicologi in primis vengono richieste alcune specifiche attività, in collaborazione con la CRI. E’ necessario formulare gli elenchi della popolazione, suddivisi per categorie (residenti autoctoni o turisti, ospiti di alberghi o di case private).
Dalle ore 19.30 ha inizio la ricerca, che durerà tutta la notte, di un contatto telefonico con gli abitanti, residenti e turisti, per riferire il messaggio di allerta, per avviare la compilazione delle schede raccolta-dati e la classificazione dei bisogni/priorità di tutti i contattati. Nella scheda individuale o di famiglia vengono segnalati i seguenti dati:
- Risposta alla chiamata si/no
- Dati anagrafici proprietario o capofamiglia, n. cellulari o telefono fisso
- Composizione nucleo (per definire la caratteristica delle stanze necessarie: singola, matrimoniale, doppia, tripla) con segnalazione eventuali problematicità (bambini, anziani, diversamente abili, fragilità …)
- Presenza di animali da appartamento o da allevamento (bisogni eventuali)
- Eventuali risorse personali
- Eventuali trasferimenti autonomi
L’attivazione comporta un impegno per i volontari di PxP su ddue fronti specifici:
1° fronte: reperibilità h24 al fine di:
2° fronte: Iniziano i turni di monitoraggio alla frana (guardiania notturna); sono necessari 6 volontari a notte dal 20 aprile al 26 maggio.
... E il bosco diviene sempre più silenzioso ma sempre più illuminato dalle luci dei sensori
Si passa da previsioni ottimistiche di un'invasione di zone poco significative e solo qualche casa distrutta ad immagini apocalittiche di 60 metri di terra che coprono la parte alta di Courmayeur.
Il 18 maggio: improvvisamente la frana accelera il suo movimento e il sindaco ordina evacuazione del villaggio La Pallud. Si compie un rastrellamento casa per casa. Non sempre i residenti accettano subito di lasciar casa anche se conoscono da tempo la destinazione. A volte ci vuole tanta abilità relazionale per motivarli alla scelta che rappresenta la forma di protezione più sicura. A metà giugno, dopo un mese fuori casi, gli abitanti rientrano rassicurati dalla «Dame de la Saxe», tranquilli e fatalisti perchè “… la montagna non tradisce e ti avvisa prima, se dovremo proprio proprio sfollare, sfolleremo e poi ritorneremo, come hanno fatto gli altri prima di noi… "
1° fronte: reperibilità h24 al fine di:
2° fronte: Iniziano i turni di monitoraggio alla frana (guardiania notturna); sono necessari 6 volontari a notte dal 20 aprile al 26 maggio.
... E il bosco diviene sempre più silenzioso ma sempre più illuminato dalle luci dei sensori
Si passa da previsioni ottimistiche di un'invasione di zone poco significative e solo qualche casa distrutta ad immagini apocalittiche di 60 metri di terra che coprono la parte alta di Courmayeur.
Il 18 maggio: improvvisamente la frana accelera il suo movimento e il sindaco ordina evacuazione del villaggio La Pallud. Si compie un rastrellamento casa per casa. Non sempre i residenti accettano subito di lasciar casa anche se conoscono da tempo la destinazione. A volte ci vuole tanta abilità relazionale per motivarli alla scelta che rappresenta la forma di protezione più sicura. A metà giugno, dopo un mese fuori casi, gli abitanti rientrano rassicurati dalla «Dame de la Saxe», tranquilli e fatalisti perchè “… la montagna non tradisce e ti avvisa prima, se dovremo proprio proprio sfollare, sfolleremo e poi ritorneremo, come hanno fatto gli altri prima di noi… "
30-31 gennaio 2013 Fiera di S. Orso
Anche quest'anno la nostra associazione ha dato il suo contributo di supporto logistico ed umano alla millenaria fiera di Aosta.
Per l'articolo pubblicato sulla Gazzetta Matin CLICCA QUI
Anche quest'anno la nostra associazione ha dato il suo contributo di supporto logistico ed umano alla millenaria fiera di Aosta.
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Maggio-Giugno-Luglio 2012 Terremoto Emilia:
campo di Mirandola
Siamo partiti
come psicologi (due più un logista, secondo le indicazioni di Gigi) perchè
facciamo parte ufficialmente della Colonna Mobile e su questo la ns PC non ha accettato
interferenze della Regione Emilia.
Arrivati a Mirandola abbiamo montato il campo con non poche difficoltà, perchè ci siamo trovati il terreno con l’erba tagliata, ma lasciata lì e quindi, da buoni montanari, sapendo quanto sarebbe marcito sotto le nostre tende, ci siamo attivati con rastrelli o oggetti similari per raccoglierlo. Ciò ha comportato un ritardo nel montaggio del campo che si è concluso solo ieri sera. Abbiamo aiutato i ns colleghi volontari nella concretezza dell'operatività e questo ci ha permesso una reciproca e solidale condivisione del momento con tutti gli altri (37 di PC e 7 VVF volontari), abbiamo rinforzato le relazioni fra le componenti della Colonna Mobile; sono convinta che ciò abbia facilitato la comprensione e l’accettazione del lavoro di ognuno (non sempre l’attività dello psicologo è così chiara).
Mentre giungevano notizie della presa di posizione della Regione Emilia, con il consenso del funzionario della nostra PC, abbiamo operato come psicologi in almeno 6 casi, perché arrivati direttamente al campo a cercare aiuto, come ad esempio con una signora traumatizzata dal sisma (e con un braccio ingessato), una coppia di anziani (80enni) terrorizzati dall'esperienza e un’altra coppia di 70enni di cui l’uomo aveva subito, in tempi diversi, 35 interventi chirurgici. Tutti avevano dormito in auto sin dalla prima notte del terremoto e si sentivano assolutamente soli e abbandonati. Persino quando siamo andati a fare il pieno in un distributore, sulla via del ritorno, il benzinaio, riconoscendoci dallo stemma di PxP sul pulmino, voleva assolutamente che ci si occupasse della moglie, sconvolta!
Siamo però rimasti disorientati quando, accompagnando la coppia di 70enni con il ns pulmino al COM di Mirandola, per richiedere un rifugio almeno per la notte, e permettere quindi di “detensionare” e recuperare le energie stando in un luogo più sicuro, la risposta è stata: “Se non avete la casa inagibile, dovete rientrare. Non dovete avere paura, non possiamo certo dare ospitalità a quelli che hanno “solo paura”…. Si è fatto presente che il signore già faticava a stare in piedi e gli tremavano le gambe, perché non mangiava né dormiva dalla precedente domenica, ma le ferite psicologiche evidentemente non erano degne di cura e di attenzione. Lo hanno sgridato come si fa con un bambino che fa i capricci!! Davvero mortificante, per loro e per la cultura psicologica dell’emergenza!
Preoccupante inoltre è il clima di rabbia che si sta incanalando verso gli extracomunitari vissuti come unici beneficiari degli aiuti disponibili. Rispetto ai campi tendati, infatti, si dice: “ non c’è posto per i Mirandolesi ma solo per gli extracomunitari che non sono neanche residenti!”. Si teme si possa arrivare a uno “scontro” di culture, se non si attivano dei processi di mediazione e di messa in comunicazione tra le persone. Il funzionario responsabile del nostro campo, rendendosi conto della situazione, ha preannunciato che, quando il campo sarà animato dagli sfollati, locali e non, sicuramente i problemi emergeranno e allora, ufficialmente, dovremo tornare giù (noi psicologi).
Come già detto diverse persone si sono rivolte a noi mentre si montava il campo, ringraziandoci in tutti i modi, pur non avendo fatto quasi nulla. La coppia che abbiamo accompagnato al COM ci ha espresso gratitudine per averli fatti svagare(!!) ascoltandoli e portandoli con il pulmino. Questo è stato sufficiente per far dire loro che si sentivano meglio.
La signora traumatizzata per esprimere la sua riconoscenza (dopo averla impiegata come navigatore per guidare 3 nostri bilici – ciascuno di 300 q- che sabato si erano inguaiati in un centro urbano a 20 km dalla meta) ha voluto a tutti i costi regalarci una boccetta di aceto balsamico del 1912!!! Ovviamente condiviso fra tutti, la sera dell’alzabandiera! L’essersi sentita utile, dopo il senso di impotenza provato e l’inabilità data dal polso fratturato, l’ha “riattivata” mangiando così per la 1° volta dal sisma, con noi al campo.
La gestione globale del ns campo resterà alla regione VDA (allestito per circa 200 posti): avremmo anche potuto rimanere ma, confrontandoci con Donatella e Gigi, abbiamo deciso di rientrare oggi perché non c’è chiarezza istituzionale sul ns intervento come psicologi e il nostro turno di “allestitori “ era concluso.
Siamo rientrati dopo aver salutato i ns amici mirandolesi (è incredibile quali legami intensi si creino in pochissimo giorni!) promettendo che saremmo ritornati per un turno, in qualsiasi veste. “Vi aspettiamo” ci hanno detto con le lacrime agli occhi.
Non siamo rientrati con la sensazione di fallimento o di inutilità, anzi ci ha fatto bene vivere il campo dall’inizio (son stati 4 giorni intensissimi) ma abbiamo la certezza che come psicologia dell’emergenza ancora tanta tanta strada ci resta da fare! Un abbraccio a voi tutti. Elvira, Doris e Leo
Lunedì 4 giugno 2012
Arrivati a Mirandola abbiamo montato il campo con non poche difficoltà, perchè ci siamo trovati il terreno con l’erba tagliata, ma lasciata lì e quindi, da buoni montanari, sapendo quanto sarebbe marcito sotto le nostre tende, ci siamo attivati con rastrelli o oggetti similari per raccoglierlo. Ciò ha comportato un ritardo nel montaggio del campo che si è concluso solo ieri sera. Abbiamo aiutato i ns colleghi volontari nella concretezza dell'operatività e questo ci ha permesso una reciproca e solidale condivisione del momento con tutti gli altri (37 di PC e 7 VVF volontari), abbiamo rinforzato le relazioni fra le componenti della Colonna Mobile; sono convinta che ciò abbia facilitato la comprensione e l’accettazione del lavoro di ognuno (non sempre l’attività dello psicologo è così chiara).
Mentre giungevano notizie della presa di posizione della Regione Emilia, con il consenso del funzionario della nostra PC, abbiamo operato come psicologi in almeno 6 casi, perché arrivati direttamente al campo a cercare aiuto, come ad esempio con una signora traumatizzata dal sisma (e con un braccio ingessato), una coppia di anziani (80enni) terrorizzati dall'esperienza e un’altra coppia di 70enni di cui l’uomo aveva subito, in tempi diversi, 35 interventi chirurgici. Tutti avevano dormito in auto sin dalla prima notte del terremoto e si sentivano assolutamente soli e abbandonati. Persino quando siamo andati a fare il pieno in un distributore, sulla via del ritorno, il benzinaio, riconoscendoci dallo stemma di PxP sul pulmino, voleva assolutamente che ci si occupasse della moglie, sconvolta!
Siamo però rimasti disorientati quando, accompagnando la coppia di 70enni con il ns pulmino al COM di Mirandola, per richiedere un rifugio almeno per la notte, e permettere quindi di “detensionare” e recuperare le energie stando in un luogo più sicuro, la risposta è stata: “Se non avete la casa inagibile, dovete rientrare. Non dovete avere paura, non possiamo certo dare ospitalità a quelli che hanno “solo paura”…. Si è fatto presente che il signore già faticava a stare in piedi e gli tremavano le gambe, perché non mangiava né dormiva dalla precedente domenica, ma le ferite psicologiche evidentemente non erano degne di cura e di attenzione. Lo hanno sgridato come si fa con un bambino che fa i capricci!! Davvero mortificante, per loro e per la cultura psicologica dell’emergenza!
Preoccupante inoltre è il clima di rabbia che si sta incanalando verso gli extracomunitari vissuti come unici beneficiari degli aiuti disponibili. Rispetto ai campi tendati, infatti, si dice: “ non c’è posto per i Mirandolesi ma solo per gli extracomunitari che non sono neanche residenti!”. Si teme si possa arrivare a uno “scontro” di culture, se non si attivano dei processi di mediazione e di messa in comunicazione tra le persone. Il funzionario responsabile del nostro campo, rendendosi conto della situazione, ha preannunciato che, quando il campo sarà animato dagli sfollati, locali e non, sicuramente i problemi emergeranno e allora, ufficialmente, dovremo tornare giù (noi psicologi).
Come già detto diverse persone si sono rivolte a noi mentre si montava il campo, ringraziandoci in tutti i modi, pur non avendo fatto quasi nulla. La coppia che abbiamo accompagnato al COM ci ha espresso gratitudine per averli fatti svagare(!!) ascoltandoli e portandoli con il pulmino. Questo è stato sufficiente per far dire loro che si sentivano meglio.
La signora traumatizzata per esprimere la sua riconoscenza (dopo averla impiegata come navigatore per guidare 3 nostri bilici – ciascuno di 300 q- che sabato si erano inguaiati in un centro urbano a 20 km dalla meta) ha voluto a tutti i costi regalarci una boccetta di aceto balsamico del 1912!!! Ovviamente condiviso fra tutti, la sera dell’alzabandiera! L’essersi sentita utile, dopo il senso di impotenza provato e l’inabilità data dal polso fratturato, l’ha “riattivata” mangiando così per la 1° volta dal sisma, con noi al campo.
La gestione globale del ns campo resterà alla regione VDA (allestito per circa 200 posti): avremmo anche potuto rimanere ma, confrontandoci con Donatella e Gigi, abbiamo deciso di rientrare oggi perché non c’è chiarezza istituzionale sul ns intervento come psicologi e il nostro turno di “allestitori “ era concluso.
Siamo rientrati dopo aver salutato i ns amici mirandolesi (è incredibile quali legami intensi si creino in pochissimo giorni!) promettendo che saremmo ritornati per un turno, in qualsiasi veste. “Vi aspettiamo” ci hanno detto con le lacrime agli occhi.
Non siamo rientrati con la sensazione di fallimento o di inutilità, anzi ci ha fatto bene vivere il campo dall’inizio (son stati 4 giorni intensissimi) ma abbiamo la certezza che come psicologia dell’emergenza ancora tanta tanta strada ci resta da fare! Un abbraccio a voi tutti. Elvira, Doris e Leo
Lunedì 4 giugno 2012
INVERNO 2010: FORTISSIME NEVICATE INVESTONO LA VALLE D'AOSTA
Sorvoliamo la Valle di Cogne, anch’essa isolata per la caduta di 2,30 metri di neve… so che i miei parenti sono stati evacuati e sono al sicuro ma le loro case no…. Persino nel prato di S Orso è scesa una valanga che non si ricorda a memoria d’uomo …. Ogni paravalanga è seppellito da altrettante montagne di neve e tronchi di pini sradicati… Penso anche agli stambecchi e ai camosci, con questa neve sarà un’ecatombe!
Finalmente mi fanno segno che il mio viaggio sta finendo, ci abbassiamo verso il capoluogo della Valsavarenche, Degioz , sepolto dalla neve. Hanno ricavato un piccolo spiazzo per far avvicinare il velivolo che, secondo me troppo lontano dalla ..”madre terra..”, si ferma; il pilota allunga una mano dietro e apre la portina: non ha bisogno di spiegare.. capisco da sola che devo scendere. Non ho neppure concluso l’atterraggio fantozziano che l’elicottero è già ripartito. Guardo l’ovetto che diventa piccolo piccolo in un attimo e poi cerco qualcuno lì intorno. Avevo visto qualche anima dall’altra parte dei cumuli di neve ma non capisco come fare a uscire di lì. Una ragazza mi urla la direzione e finalmente raggiungo il gruppetto: mi si allarga il cuore perché riconosco nelle tre persone una cara conoscente che si sbraccia e dice a tutti: “è lei.. la conosco… è Venturella … è lei… meno male!!”
Miryam sarà il mio angelo custode, il mio salvacondotto per tutto il tempo di permanenza.
Il gruppo che mi accoglie, mi fa capire subito che avrebbero preferito 50 Kg di pane a 50 kg di psicologo!!! Sono bloccati da tre giorni, senza corrente né telefono!
Miryam si svena per farmi la migliore pubblicità che chiunque spererebbe per sé, in una situazione ostile. Questa è gente rude, solida, montanari abituati alle avversità del tempo, pratici e sbrigativi, non pensavano certo di aver bisogni di un medico né tanto meno di una psicologa: spiego che la PC regionale, nelle situazioni di emergenza, applica un protocollo standard che prevede l’invio, nei luoghi isolati, anche di un’équipe medico-sanitaria composta, oltre che dal medico, anche dallo psicologo. In effetti il dottore, un altro “straniero” infagottato in una giacca pesante, arrivato prima di me e rimasto in disparte, si avvicina: è stato catapultato in un ambiente a lui completamente sconosciuto e cerca una complicità nel mio sguardo. Per fortuna il parroco lo prende sottobraccio e lo allontana un poco da lì.
Arriva uno del soccorso alpino e un signore che mi riconosce perché mi ha visto spesso a far fondo nelle loro piste: ciò migliora di molto la mia posizione e da straniera assumo lo status di ….una della zona (è più di quanto sperassi).
Si forma un capannello di gente che si chiede perché hanno mandato su noi due…. E di nuovo Miryam giustifica con autorevolezza la nostra presenza, anzi sa già dove dobbiamo intervenire: nel paese è caduta una valanga che ha travolto quattro case e distrutto metà di un’abitazione; poteva essere una strage perché solo qualche attimo prima in quei locali c’era una famiglia intera (mamma, papà, due bimbe di 2 e 6 anni, nonno, nonna e bisnonna). Convince tutti che, vista la nostra presenza è bene usarci perciò suggerisce la mia visita alla signora anziana e alla mamma, perchè molto spaventate, e quella del medico ad un’altra signora influenzata.
Mi accompagna subito … l’abbraccerei!
La casa è solo 50 metri più in là ma tanto basta a Myriam per aggiornarmi su una situazione familiare complessa. Quando vedo la struttura e una signora anziana che rovista fra poche cose rimaste nel suo ex negozio (la gente del paese ha già liberato tutti e due i piani dalla neve che ha sfondato solo metà dell’edificio) mi si stringe il cuore.
“ ecco cosa resta .. di tutti i sacrifici di una vita…” Ha gli occhi lucidi.. ci abbracciamo. Non c’è bisogno di presentazioni né di parole …più vuote del vuoto che la neve ha lasciato.
Mi racconta che è stata una cosa strana: la valanga si annuncia con un rumore sordo … prolungato e invece è precipitata loro addosso una montagna di neve, sbalzata dopo un salto di roccia: un boato incredibile! Assolutamente imprevedibile!! Chi riuscirà, anche ricostruendo, a tornare la sera a casa tranquillo… chi si fiderà più?!? La signora fruga fra un mucchio di rotoli di carta per alimenti … tutti bagnati … le dico sottovoce che posso aiutarla, se vuole, e raccolgo insieme a lei oggetti indefinibili che però asciughiamo…. Del vecchio negozio restano solo le tracce cartacee, gli scaffali contorti e ammucchiati non servono più a nulla, non c’è traccia di materiale recuperabile.
La signora è poco vestita ma non sembra avere freddo, anche se il gelo lo leggi nei gesti e nei passi.
C’è una famiglia albanese con loro….. avevano poche cose e le hanno perse… tutte.
La signora mi chiede poi di salire dalla nuora e dalle bambine, non sembravano spaventate ma non riescono a dormire….
Entro in una bella cucina incredibilmente calda … il fuoco nella stufa a legna scoppietta… La mamma, le due bambine e la loro maestra nonché cugina, sono sedute intorno al tavolo, tutte impegnate a creare con il didò. Myriam spiega chi sono, la mamma sorride timidamente, la maestra mi saluta: hanno lo stesso sguardo di chi è scampato ad una tragedia ma sta già facendo i conti con il poi. Parliamo un po’ delle bimbe, del loro disagio … appena percettibile … ma non riescono più a dormire, la più piccola piange per nulla, la più grande comunica a monosillabi. Con la maestra concordiamo che è fondamentale riaprire la scuola, riportare un po’ di normalità e una routine securizzante. Sono dieci bambini di tutte le classi, sparpagliati in tante piccole frazioni, purtroppo non raggiungibili se non a piedi. Pazienza, tutti quelli che possono devono tornare a scuola, almeno qualche ora.
Non sarà facile convincere, a cena, la più alta autorità comunale presente che, alla fine garantisce un ripristino almeno parziale del riscaldamento in un’aula, per il giorno dopo.
Non mi rendo conto che fuori è già buio, saluto tutti e raggiungo Myriam; mi spiega che la situazione è molto critica: la PC ha fatto in tempo a trasportare solo tre generatori e tutte le case della frazione sono senza luce, il telefono continua a non funzionare, le risorse alimentari stanno scarseggiando e in poche case c’è l’acqua corrente, ovviamente gelida. Mi conduce a casa della mamma dove questa sera si raccoglieranno una decina di persone: hanno dovuto cucinare una gran quantità di carne scongelata perché il congelatore è spento da tre giorni perciò posso considerarmi invitata a cena!! Io già pensavo tristemente a consumare la mia riserva (la mela) da qualche parte, ma dove???
In quella situazione forse nessuno ad Aosta si è reso conto che ospitare anche solo due persone è un problema; le poche case con riscaldamento funzionante sono già sovraffollate perché molti hanno lasciato il loro domicilio per raggrupparsi nel capoluogo…. Una vicina di casa di Miryam mi offre una stanza (non riscaldata) nella sua abitazione….. va benissimo, il dottore invece dormirà dal parroco.
Passiamo alcune ore insieme e chiacchieriamo serenamente a lume di candela; ricordo i tempi passati in cui l’inverno spesso significava rimanere per dei giorni senza luce né corrente e bisognava risparmiare anche le candele! Si crea un bel clima, mi sento e mi trattano come una di loro.
Sono le 23 quando decido di andare a dormire: la stanza è al secondo piano di una casa accogliente ma la temperatura è proibitiva. Dopo una toilette velocissima, l’acqua è poca e gelida, mi caccio, vestita, sotto una montagna di coperte talmente pesante che limiterà qualsiasi spostamento nel letto. E’ incredibile ma ciò che più mi manca è poter comunicare con i miei e con i colleghi rimasti giù, dopo essere stati allertati: che penseranno? Meri si preoccuperà di sicuro… sorveglio il passare delle ore, controllando la piccola stella visibile, dalla finestra, nello spicchio di cielo e penso che se quella resiste, domani sarà sereno. Finalmente giunge l’alba: il cielo è ancora ingombro di nuvole ma gli squarci di azzurro si fanno largo prepotentemente.
Dopo un caffè veloce mi dicono che ci sono tre situazioni da verificare, in frazioni distanti fra loro: un’anziana signora che vive da sola in un piccolissimo paese, una mamma con una bimba di quattro anni, che sta in un agriturismo sepolto dalla neve e un’altra signora, con un bimbo di pochi mesi, che sembrava molto provata dalla situazione.
Il proprietario di un negozietto ha raggiunto il capoluogo prendendosi un elicottero privato, ha portato del pane fresco… che impacchettiamo per distribuirlo; capisce che non sono del paese e mi regala due macchine fotografiche “usa e getta” scadute ma funzionanti … così potrò immortalare alcuni momenti preziosi.
Il dottore viene con noi, per solidarietà: la signora, ottantaseienne, ci accoglie dal balcone con un gran sorriso, è felice di vederci, sta bene, le portiamo un po’ di pane fresco… lei dice che è abituata a inverni così …racconta di sé, della casa, delle valanghe che ha già visto. Quando la salutiamo ci consiglia di fare attenzione perché il sentiero è gelato e lei non ha potuto buttare il sale!!!
All’agriturismo la situazione è sotto controllo, la pala ha già riaperto parte del sentiero; la mamma è tranquilla: la bimba dormiva mentre lei e il fratello tentavano di controllare il fuoco della caldaia (a rischio di incendio per mancanza di corrente), buttando nella neve grossi tronchi incandescenti.
La terza persona invece ci accoglie con un po’ di disagio: c’è stata una brutta lite con la vicina e lei si sente vittima di una situazione ingiusta, avrebbe voluto un generatore perché con il bimbo piccolo è difficile controllare il fuoco della stufa … ma lei, che è genovese, raramente si sente capita dagli autoctoni e in una situazione già tesa di per sé, tutto peggiora. Le garantiamo che entro sera avrà un generatore.
Quando rientriamo faccio personalmente l’elenco, a chi preposto in PC, di tutto ciò che dovranno trasportare con le prime rotazioni; il fax ovviamente non funziona così saltano tutte le procedure e la catena di comando ma la richiesta va a buon fine.
Insieme al parroco andiamo dove la valanga ha distrutto tre o quattro case; qualche misero resto (una scarpa, un mucchio di abiti, uno stendino…) spunta dai mucchi disordinati di neve: molti proprietari hanno già telefonato più volte per avere notizie ma chi ha il coraggio di dir loro la verità?
La macchina del guardaparco, che ci ha trasportato nell’ultima frazione a valle, si ferma vicino ad uno chalet semi travolto dal soffio della valanga: appartiene ad un signore anziano, solo e disperato; alcune persone stanno liberando l’ingresso dalla neve… ci fermiamo… ci sono delle pale, ognuno di noi ne prende una e incomincia a spalare, non c’è bisogno di parlare, ormai ci muoviamo tutti con gran sintonia.
Ogni tanto qualcuno avverte, come se nulla fosse, “valangaaaa…!!” e tutti corrono per evitare la sua traiettoria; si leva un gran nuvolone di polvere ma il tutto si esaurisce in pochi minuti …. Se ci fai l’abitudine!!
Non ci accorgiamo che il tempo è volato… il buio sta calando in fretta e un’altra notte si sta ingoiando l’ultimo chiarore. Sono ormai passati 15 giorni dalla prima chiusura della strada per le vallate laterali di Valsavarenche, Champorcher, Gressoney, Champoluc, Cogne, Valgrisenche e Rhemes. La situazione si è normalizzata, le vie sono quasi tutte aperte perciò oggi sono risalita in auto per ritrovare gli amici di Valsavarenche: sì, posso chiamarli così perché così mi son sentita quando mi hanno riaccompagnata all’elicottero, circa cinque giorni fa. Quando entro nell’unico bar aperto, più persone mi vengono incontro, son felici di rivedermi, mi abbracciano, qualcuno si commuove, avvertono gli altri che sono lì, mi presentano ai pochi turisti basiti, mi vogliono far bere e mangiare, “ora ne abbiamo da vendere!!!!”dicono, mi rivolgono pensieri che ricorderò a lungo, con affetto. Mi raccontano dell’ultima valanga che ha, ancora una volta, terrorizzato tutti perché è caduta praticamente nel paese, dove l’altro giorno si spalava allegramente…. Nessuno è rimasto sotto perché i presenti …. correvano tutti benissimo!! Il Direttore della PC mi ha chiesto ieri come era andata, con il senno del poi qualche dubbio gli sarà venuto; voleva sapere dell’accoglienza ricevuta, sulla quale ho sorvolato perché aspetto il debriefing per descrivere ciò che è successo e per fare anche un’autocritica. Sono convinta che abbia fatto bene ad attivarci, purtroppo nessuno conosceva le vere condizioni di sopravvivenza della gente e quindi, almeno all’inizio, il disagio è stato forte. Il lunedì il nostro Coordinatore, Maurizio, ci aveva allertato perché la situazione era piuttosto critica. Per me ciò aveva significato mettermi gli scarponi della PC da quel momento in poi…. Dopo qualche ora a Valsavarenche avevo capito che forse…. occuparsi solo dei piedi… non era stato sufficiente!!! E’ anche vero che dall’esperienza si deve imparare e, anche questa volta, spero di aver imparato qualcosa; sicuramente ho sperimentato che solo umiltà, adattabilità e disponibilità ti permettono di aprire un varco nella resistenza, giustificata, delle persone, di comunicare con loro attraverso il linguaggio della condivisione dei valori comuni, in cui ognuno di noi si identifica.
Sorvoliamo la Valle di Cogne, anch’essa isolata per la caduta di 2,30 metri di neve… so che i miei parenti sono stati evacuati e sono al sicuro ma le loro case no…. Persino nel prato di S Orso è scesa una valanga che non si ricorda a memoria d’uomo …. Ogni paravalanga è seppellito da altrettante montagne di neve e tronchi di pini sradicati… Penso anche agli stambecchi e ai camosci, con questa neve sarà un’ecatombe!
Finalmente mi fanno segno che il mio viaggio sta finendo, ci abbassiamo verso il capoluogo della Valsavarenche, Degioz , sepolto dalla neve. Hanno ricavato un piccolo spiazzo per far avvicinare il velivolo che, secondo me troppo lontano dalla ..”madre terra..”, si ferma; il pilota allunga una mano dietro e apre la portina: non ha bisogno di spiegare.. capisco da sola che devo scendere. Non ho neppure concluso l’atterraggio fantozziano che l’elicottero è già ripartito. Guardo l’ovetto che diventa piccolo piccolo in un attimo e poi cerco qualcuno lì intorno. Avevo visto qualche anima dall’altra parte dei cumuli di neve ma non capisco come fare a uscire di lì. Una ragazza mi urla la direzione e finalmente raggiungo il gruppetto: mi si allarga il cuore perché riconosco nelle tre persone una cara conoscente che si sbraccia e dice a tutti: “è lei.. la conosco… è Venturella … è lei… meno male!!”
Miryam sarà il mio angelo custode, il mio salvacondotto per tutto il tempo di permanenza.
Il gruppo che mi accoglie, mi fa capire subito che avrebbero preferito 50 Kg di pane a 50 kg di psicologo!!! Sono bloccati da tre giorni, senza corrente né telefono!
Miryam si svena per farmi la migliore pubblicità che chiunque spererebbe per sé, in una situazione ostile. Questa è gente rude, solida, montanari abituati alle avversità del tempo, pratici e sbrigativi, non pensavano certo di aver bisogni di un medico né tanto meno di una psicologa: spiego che la PC regionale, nelle situazioni di emergenza, applica un protocollo standard che prevede l’invio, nei luoghi isolati, anche di un’équipe medico-sanitaria composta, oltre che dal medico, anche dallo psicologo. In effetti il dottore, un altro “straniero” infagottato in una giacca pesante, arrivato prima di me e rimasto in disparte, si avvicina: è stato catapultato in un ambiente a lui completamente sconosciuto e cerca una complicità nel mio sguardo. Per fortuna il parroco lo prende sottobraccio e lo allontana un poco da lì.
Arriva uno del soccorso alpino e un signore che mi riconosce perché mi ha visto spesso a far fondo nelle loro piste: ciò migliora di molto la mia posizione e da straniera assumo lo status di ….una della zona (è più di quanto sperassi).
Si forma un capannello di gente che si chiede perché hanno mandato su noi due…. E di nuovo Miryam giustifica con autorevolezza la nostra presenza, anzi sa già dove dobbiamo intervenire: nel paese è caduta una valanga che ha travolto quattro case e distrutto metà di un’abitazione; poteva essere una strage perché solo qualche attimo prima in quei locali c’era una famiglia intera (mamma, papà, due bimbe di 2 e 6 anni, nonno, nonna e bisnonna). Convince tutti che, vista la nostra presenza è bene usarci perciò suggerisce la mia visita alla signora anziana e alla mamma, perchè molto spaventate, e quella del medico ad un’altra signora influenzata.
Mi accompagna subito … l’abbraccerei!
La casa è solo 50 metri più in là ma tanto basta a Myriam per aggiornarmi su una situazione familiare complessa. Quando vedo la struttura e una signora anziana che rovista fra poche cose rimaste nel suo ex negozio (la gente del paese ha già liberato tutti e due i piani dalla neve che ha sfondato solo metà dell’edificio) mi si stringe il cuore.
“ ecco cosa resta .. di tutti i sacrifici di una vita…” Ha gli occhi lucidi.. ci abbracciamo. Non c’è bisogno di presentazioni né di parole …più vuote del vuoto che la neve ha lasciato.
Mi racconta che è stata una cosa strana: la valanga si annuncia con un rumore sordo … prolungato e invece è precipitata loro addosso una montagna di neve, sbalzata dopo un salto di roccia: un boato incredibile! Assolutamente imprevedibile!! Chi riuscirà, anche ricostruendo, a tornare la sera a casa tranquillo… chi si fiderà più?!? La signora fruga fra un mucchio di rotoli di carta per alimenti … tutti bagnati … le dico sottovoce che posso aiutarla, se vuole, e raccolgo insieme a lei oggetti indefinibili che però asciughiamo…. Del vecchio negozio restano solo le tracce cartacee, gli scaffali contorti e ammucchiati non servono più a nulla, non c’è traccia di materiale recuperabile.
La signora è poco vestita ma non sembra avere freddo, anche se il gelo lo leggi nei gesti e nei passi.
C’è una famiglia albanese con loro….. avevano poche cose e le hanno perse… tutte.
La signora mi chiede poi di salire dalla nuora e dalle bambine, non sembravano spaventate ma non riescono a dormire….
Entro in una bella cucina incredibilmente calda … il fuoco nella stufa a legna scoppietta… La mamma, le due bambine e la loro maestra nonché cugina, sono sedute intorno al tavolo, tutte impegnate a creare con il didò. Myriam spiega chi sono, la mamma sorride timidamente, la maestra mi saluta: hanno lo stesso sguardo di chi è scampato ad una tragedia ma sta già facendo i conti con il poi. Parliamo un po’ delle bimbe, del loro disagio … appena percettibile … ma non riescono più a dormire, la più piccola piange per nulla, la più grande comunica a monosillabi. Con la maestra concordiamo che è fondamentale riaprire la scuola, riportare un po’ di normalità e una routine securizzante. Sono dieci bambini di tutte le classi, sparpagliati in tante piccole frazioni, purtroppo non raggiungibili se non a piedi. Pazienza, tutti quelli che possono devono tornare a scuola, almeno qualche ora.
Non sarà facile convincere, a cena, la più alta autorità comunale presente che alla fine garantisce un ripristino almeno parziale del riscaldamento in un’aula, per il giorno dopo.
Non mi rendo conto che fuori è già buio, saluto tutti e raggiungo Myriam; mi spiega che la situazione è molto critica: la PC ha fatto in tempo a trasportare solo tre generatori e tutte le case della frazione sono senza luce, il telefono continua a non funzionare, le risorse alimentari stanno scarseggiando e in poche case c’è l’acqua corrente, ovviamente gelida. Mi conduce a casa della mamma dove questa sera si raccoglieranno una decina di persone: hanno dovuto cucinare una gran quantità di carne scongelata perché il congelatore è spento da tre giorni perciò posso considerarmi invitata a cena!! Io già pensavo tristemente a consumare la mia riserva (la mela) da qualche parte, ma dove???
In quella situazione forse nessuno ad Aosta si è reso conto che ospitare anche solo due persone è un problema; le poche case con riscaldamento funzionante sono già sovraffollate perché molti hanno lasciato il loro domicilio per raggrupparsi nel capoluogo…. Una vicina di casa di Miryam mi offre una stanza (non riscaldata) nella sua abitazione….. va benissimo, il dottore invece dormirà dal parroco.
Passiamo alcune ore insieme e chiacchieriamo serenamente a lume di candela; ricordo i tempi passati in cui l’inverno spesso significava rimanere per dei giorni senza luce né corrente e bisognava risparmiare anche le candele! Si crea un bel clima, mi sento e mi trattano come una di loro.
Sono le 23 quando decido di andare a dormire: la stanza è al secondo piano di una casa accogliente ma la temperatura è proibitiva. Dopo una toilette velocissima, l’acqua è poca e gelida, mi caccio, vestita, sotto una montagna di coperte talmente pesante che limiterà qualsiasi spostamento nel letto. E’ incredibile ma ciò che più mi manca è poter comunicare con i miei e con i colleghi rimasti giù, dopo essere stati allertati: che penseranno? Meri si preoccuperà di sicuro… sorveglio il passare delle ore, controllando la piccola stella visibile, dalla finestra, nello spicchio di cielo e penso che se quella resiste, domani sarà sereno. Finalmente giunge l’alba: il cielo è ancora ingombro di nuvole ma gli squarci di azzurro si fanno largo prepotentemente.
Dopo un caffè veloce mi dicono che ci sono tre situazioni da verificare, in frazioni distanti fra loro: un’anziana signora che vive da sola in un piccolissimo paese, una mamma con una bimba di quattro anni, che sta in un agriturismo sepolto dalla neve e un’altra signora, con un bimbo di pochi mesi, che sembrava molto provata dalla situazione.
Il proprietario di un negozietto ha raggiunto il capoluogo prendendosi un elicottero privato, ha portato del pane fresco… che impacchettiamo per distribuirlo; capisce che non sono del paese e mi regala due macchine fotografiche “usa e getta” scadute ma funzionanti … così potrò immortalare alcuni momenti preziosi.
Il dottore viene con noi, per solidarietà: la signora, ottantaseienne, ci accoglie dal balcone con un gran sorriso, è felice di vederci, sta bene, le portiamo un po’ di pane fresco… lei dice che è abituata a inverni così …racconta di sé, della casa, delle valanghe che ha già visto. Quando la salutiamo ci consiglia di fare attenzione perché il sentiero è gelato e lei non ha potuto buttare il sale!!!
All’agriturismo la situazione è sotto controllo, la pala ha già riaperto parte del sentiero; la mamma è tranquilla: la bimba dormiva mentre lei e il fratello tentavano di controllare il fuoco della caldaia (a rischio di incendio per mancanza di corrente), buttando nella neve grossi tronchi incandescenti.
La terza persona invece ci accoglie con un po’ di disagio: c’è stata una brutta lite con la vicina e lei si sente vittima di una situazione ingiusta, avrebbe voluto un generatore perché con il bimbo piccolo è difficile controllare il fuoco della stufa … ma lei, che è genovese, raramente si sente capita dagli autoctoni e in una situazione già tesa di per sé, tutto peggiora. Le garantiamo che entro sera avrà un generatore.
Quando rientriamo faccio personalmente l’elenco, a chi preposto in PC, di tutto ciò che dovranno trasportare con le prime rotazioni; il fax ovviamente non funziona così saltano tutte le procedure e la catena di comando ma la richiesta va a buon fine.
Insieme al parroco andiamo dove la valanga ha distrutto tre o quattro case; qualche misero resto (una scarpa, un mucchio di abiti, uno stendino…) spunta dai mucchi disordinati di neve: molti proprietari hanno già telefonato più volte per avere notizie ma chi ha il coraggio di dir loro la verità?
La macchina del guardaparco, che ci ha trasportato nell’ultima frazione a valle, si ferma vicino ad uno chalet semi travolto dal soffio della valanga: appartiene ad un signore anziano, solo e disperato; alcune persone stanno liberando l’ingresso dalla neve… ci fermiamo… ci sono delle pale, ognuno di noi ne prende una e incomincia a spalare, non c’è bisogno di parlare, ormai ci muoviamo tutti con gran sintonia.
Ogni tanto qualcuno avverte, come se nulla fosse, “valangaaaa…!!” e tutti corrono per evitare la sua traiettoria; si leva un gran nuvolone di polvere ma il tutto si esaurisce in pochi minuti …. Se ci fai l’abitudine!!
Non ci accorgiamo che il tempo è volato… il buio sta calando in fretta e un’altra notte si sta ingoiando l’ultimo chiarore. Sono ormai passati 15 giorni dalla prima chiusura della strada per le vallate laterali di Valsavarenche, Champorcher, Gressoney, Champoluc, Cogne, Valgrisenche e Rhemes. La situazione si è normalizzata, le vie sono quasi tutte aperte perciò oggi sono risalita in auto per ritrovare gli amici di Valsavarenche: sì, posso chiamarli così perché così mi son sentita quando mi hanno riaccompagnata all’elicottero, circa cinque giorni fa. Quando entro nell’unico bar aperto, più persone mi vengono incontro, son felici di rivedermi, mi abbracciano, qualcuno si commuove, avvertono gli altri che sono lì, mi presentano ai pochi turisti basiti, mi vogliono far bere e mangiare, “ora ne abbiamo da vendere!!!!”dicono, mi rivolgono pensieri che ricorderò a lungo, con affetto. Mi raccontano dell’ultima valanga che ha, ancora una volta, terrorizzato tutti perché è caduta praticamente nel paese, dove l’altro giorno si spalava allegramente…. Nessuno è rimasto sotto perché i presenti …. correvano tutti benissimo!! Il Direttore della PC mi ha chiesto ieri come era andata, con il senno del poi qualche dubbio gli sarà venuto; voleva sapere dell’accoglienza ricevuta, sulla quale ho sorvolato perché aspetto il debriefing per descrivere ciò che è successo e per fare anche un’autocritica. Sono convinta che abbia fatto bene ad attivarci, purtroppo nessuno conosceva le vere condizioni di sopravvivenza della gente e quindi, almeno all’inizio, il disagio è stato forte. Il lunedì il nostro Coordinatore, Maurizio, ci aveva allertato perché la situazione era piuttosto critica. Per me ciò aveva significato mettermi gli scarponi della PC da quel momento in poi…. Dopo qualche ora a Valsavarenche avevo capito che forse…. occuparsi solo dei piedi… non era stato sufficiente!!! E’ anche vero che dall’esperienza si deve imparare e, anche questa volta, spero di aver imparato qualcosa; sicuramente ho sperimentato che solo umiltà, adattabilità e disponibilità ti permettono di aprire un varco nella resistenza, giustificata, delle persone, di comunicare con loro attraverso il linguaggio della condivisione dei valori comuni, in cui ognuno di noi si identifica.
Elvira Venturella
Finalmente mi fanno segno che il mio viaggio sta finendo, ci abbassiamo verso il capoluogo della Valsavarenche, Degioz , sepolto dalla neve. Hanno ricavato un piccolo spiazzo per far avvicinare il velivolo che, secondo me troppo lontano dalla ..”madre terra..”, si ferma; il pilota allunga una mano dietro e apre la portina: non ha bisogno di spiegare.. capisco da sola che devo scendere. Non ho neppure concluso l’atterraggio fantozziano che l’elicottero è già ripartito. Guardo l’ovetto che diventa piccolo piccolo in un attimo e poi cerco qualcuno lì intorno. Avevo visto qualche anima dall’altra parte dei cumuli di neve ma non capisco come fare a uscire di lì. Una ragazza mi urla la direzione e finalmente raggiungo il gruppetto: mi si allarga il cuore perché riconosco nelle tre persone una cara conoscente che si sbraccia e dice a tutti: “è lei.. la conosco… è Venturella … è lei… meno male!!”
Miryam sarà il mio angelo custode, il mio salvacondotto per tutto il tempo di permanenza.
Il gruppo che mi accoglie, mi fa capire subito che avrebbero preferito 50 Kg di pane a 50 kg di psicologo!!! Sono bloccati da tre giorni, senza corrente né telefono!
Miryam si svena per farmi la migliore pubblicità che chiunque spererebbe per sé, in una situazione ostile. Questa è gente rude, solida, montanari abituati alle avversità del tempo, pratici e sbrigativi, non pensavano certo di aver bisogni di un medico né tanto meno di una psicologa: spiego che la PC regionale, nelle situazioni di emergenza, applica un protocollo standard che prevede l’invio, nei luoghi isolati, anche di un’équipe medico-sanitaria composta, oltre che dal medico, anche dallo psicologo. In effetti il dottore, un altro “straniero” infagottato in una giacca pesante, arrivato prima di me e rimasto in disparte, si avvicina: è stato catapultato in un ambiente a lui completamente sconosciuto e cerca una complicità nel mio sguardo. Per fortuna il parroco lo prende sottobraccio e lo allontana un poco da lì.
Arriva uno del soccorso alpino e un signore che mi riconosce perché mi ha visto spesso a far fondo nelle loro piste: ciò migliora di molto la mia posizione e da straniera assumo lo status di ….una della zona (è più di quanto sperassi).
Si forma un capannello di gente che si chiede perché hanno mandato su noi due…. E di nuovo Miryam giustifica con autorevolezza la nostra presenza, anzi sa già dove dobbiamo intervenire: nel paese è caduta una valanga che ha travolto quattro case e distrutto metà di un’abitazione; poteva essere una strage perché solo qualche attimo prima in quei locali c’era una famiglia intera (mamma, papà, due bimbe di 2 e 6 anni, nonno, nonna e bisnonna). Convince tutti che, vista la nostra presenza è bene usarci perciò suggerisce la mia visita alla signora anziana e alla mamma, perchè molto spaventate, e quella del medico ad un’altra signora influenzata.
Mi accompagna subito … l’abbraccerei!
La casa è solo 50 metri più in là ma tanto basta a Myriam per aggiornarmi su una situazione familiare complessa. Quando vedo la struttura e una signora anziana che rovista fra poche cose rimaste nel suo ex negozio (la gente del paese ha già liberato tutti e due i piani dalla neve che ha sfondato solo metà dell’edificio) mi si stringe il cuore.
“ ecco cosa resta .. di tutti i sacrifici di una vita…” Ha gli occhi lucidi.. ci abbracciamo. Non c’è bisogno di presentazioni né di parole …più vuote del vuoto che la neve ha lasciato.
Mi racconta che è stata una cosa strana: la valanga si annuncia con un rumore sordo … prolungato e invece è precipitata loro addosso una montagna di neve, sbalzata dopo un salto di roccia: un boato incredibile! Assolutamente imprevedibile!! Chi riuscirà, anche ricostruendo, a tornare la sera a casa tranquillo… chi si fiderà più?!? La signora fruga fra un mucchio di rotoli di carta per alimenti … tutti bagnati … le dico sottovoce che posso aiutarla, se vuole, e raccolgo insieme a lei oggetti indefinibili che però asciughiamo…. Del vecchio negozio restano solo le tracce cartacee, gli scaffali contorti e ammucchiati non servono più a nulla, non c’è traccia di materiale recuperabile.
La signora è poco vestita ma non sembra avere freddo, anche se il gelo lo leggi nei gesti e nei passi.
C’è una famiglia albanese con loro….. avevano poche cose e le hanno perse… tutte.
La signora mi chiede poi di salire dalla nuora e dalle bambine, non sembravano spaventate ma non riescono a dormire….
Entro in una bella cucina incredibilmente calda … il fuoco nella stufa a legna scoppietta… La mamma, le due bambine e la loro maestra nonché cugina, sono sedute intorno al tavolo, tutte impegnate a creare con il didò. Myriam spiega chi sono, la mamma sorride timidamente, la maestra mi saluta: hanno lo stesso sguardo di chi è scampato ad una tragedia ma sta già facendo i conti con il poi. Parliamo un po’ delle bimbe, del loro disagio … appena percettibile … ma non riescono più a dormire, la più piccola piange per nulla, la più grande comunica a monosillabi. Con la maestra concordiamo che è fondamentale riaprire la scuola, riportare un po’ di normalità e una routine securizzante. Sono dieci bambini di tutte le classi, sparpagliati in tante piccole frazioni, purtroppo non raggiungibili se non a piedi. Pazienza, tutti quelli che possono devono tornare a scuola, almeno qualche ora.
Non sarà facile convincere, a cena, la più alta autorità comunale presente che, alla fine garantisce un ripristino almeno parziale del riscaldamento in un’aula, per il giorno dopo.
Non mi rendo conto che fuori è già buio, saluto tutti e raggiungo Myriam; mi spiega che la situazione è molto critica: la PC ha fatto in tempo a trasportare solo tre generatori e tutte le case della frazione sono senza luce, il telefono continua a non funzionare, le risorse alimentari stanno scarseggiando e in poche case c’è l’acqua corrente, ovviamente gelida. Mi conduce a casa della mamma dove questa sera si raccoglieranno una decina di persone: hanno dovuto cucinare una gran quantità di carne scongelata perché il congelatore è spento da tre giorni perciò posso considerarmi invitata a cena!! Io già pensavo tristemente a consumare la mia riserva (la mela) da qualche parte, ma dove???
In quella situazione forse nessuno ad Aosta si è reso conto che ospitare anche solo due persone è un problema; le poche case con riscaldamento funzionante sono già sovraffollate perché molti hanno lasciato il loro domicilio per raggrupparsi nel capoluogo…. Una vicina di casa di Miryam mi offre una stanza (non riscaldata) nella sua abitazione….. va benissimo, il dottore invece dormirà dal parroco.
Passiamo alcune ore insieme e chiacchieriamo serenamente a lume di candela; ricordo i tempi passati in cui l’inverno spesso significava rimanere per dei giorni senza luce né corrente e bisognava risparmiare anche le candele! Si crea un bel clima, mi sento e mi trattano come una di loro.
Sono le 23 quando decido di andare a dormire: la stanza è al secondo piano di una casa accogliente ma la temperatura è proibitiva. Dopo una toilette velocissima, l’acqua è poca e gelida, mi caccio, vestita, sotto una montagna di coperte talmente pesante che limiterà qualsiasi spostamento nel letto. E’ incredibile ma ciò che più mi manca è poter comunicare con i miei e con i colleghi rimasti giù, dopo essere stati allertati: che penseranno? Meri si preoccuperà di sicuro… sorveglio il passare delle ore, controllando la piccola stella visibile, dalla finestra, nello spicchio di cielo e penso che se quella resiste, domani sarà sereno. Finalmente giunge l’alba: il cielo è ancora ingombro di nuvole ma gli squarci di azzurro si fanno largo prepotentemente.
Dopo un caffè veloce mi dicono che ci sono tre situazioni da verificare, in frazioni distanti fra loro: un’anziana signora che vive da sola in un piccolissimo paese, una mamma con una bimba di quattro anni, che sta in un agriturismo sepolto dalla neve e un’altra signora, con un bimbo di pochi mesi, che sembrava molto provata dalla situazione.
Il proprietario di un negozietto ha raggiunto il capoluogo prendendosi un elicottero privato, ha portato del pane fresco… che impacchettiamo per distribuirlo; capisce che non sono del paese e mi regala due macchine fotografiche “usa e getta” scadute ma funzionanti … così potrò immortalare alcuni momenti preziosi.
Il dottore viene con noi, per solidarietà: la signora, ottantaseienne, ci accoglie dal balcone con un gran sorriso, è felice di vederci, sta bene, le portiamo un po’ di pane fresco… lei dice che è abituata a inverni così …racconta di sé, della casa, delle valanghe che ha già visto. Quando la salutiamo ci consiglia di fare attenzione perché il sentiero è gelato e lei non ha potuto buttare il sale!!!
All’agriturismo la situazione è sotto controllo, la pala ha già riaperto parte del sentiero; la mamma è tranquilla: la bimba dormiva mentre lei e il fratello tentavano di controllare il fuoco della caldaia (a rischio di incendio per mancanza di corrente), buttando nella neve grossi tronchi incandescenti.
La terza persona invece ci accoglie con un po’ di disagio: c’è stata una brutta lite con la vicina e lei si sente vittima di una situazione ingiusta, avrebbe voluto un generatore perché con il bimbo piccolo è difficile controllare il fuoco della stufa … ma lei, che è genovese, raramente si sente capita dagli autoctoni e in una situazione già tesa di per sé, tutto peggiora. Le garantiamo che entro sera avrà un generatore.
Quando rientriamo faccio personalmente l’elenco, a chi preposto in PC, di tutto ciò che dovranno trasportare con le prime rotazioni; il fax ovviamente non funziona così saltano tutte le procedure e la catena di comando ma la richiesta va a buon fine.
Insieme al parroco andiamo dove la valanga ha distrutto tre o quattro case; qualche misero resto (una scarpa, un mucchio di abiti, uno stendino…) spunta dai mucchi disordinati di neve: molti proprietari hanno già telefonato più volte per avere notizie ma chi ha il coraggio di dir loro la verità?
La macchina del guardaparco, che ci ha trasportato nell’ultima frazione a valle, si ferma vicino ad uno chalet semi travolto dal soffio della valanga: appartiene ad un signore anziano, solo e disperato; alcune persone stanno liberando l’ingresso dalla neve… ci fermiamo… ci sono delle pale, ognuno di noi ne prende una e incomincia a spalare, non c’è bisogno di parlare, ormai ci muoviamo tutti con gran sintonia.
Ogni tanto qualcuno avverte, come se nulla fosse, “valangaaaa…!!” e tutti corrono per evitare la sua traiettoria; si leva un gran nuvolone di polvere ma il tutto si esaurisce in pochi minuti …. Se ci fai l’abitudine!!
Non ci accorgiamo che il tempo è volato… il buio sta calando in fretta e un’altra notte si sta ingoiando l’ultimo chiarore. Sono ormai passati 15 giorni dalla prima chiusura della strada per le vallate laterali di Valsavarenche, Champorcher, Gressoney, Champoluc, Cogne, Valgrisenche e Rhemes. La situazione si è normalizzata, le vie sono quasi tutte aperte perciò oggi sono risalita in auto per ritrovare gli amici di Valsavarenche: sì, posso chiamarli così perché così mi son sentita quando mi hanno riaccompagnata all’elicottero, circa cinque giorni fa. Quando entro nell’unico bar aperto, più persone mi vengono incontro, son felici di rivedermi, mi abbracciano, qualcuno si commuove, avvertono gli altri che sono lì, mi presentano ai pochi turisti basiti, mi vogliono far bere e mangiare, “ora ne abbiamo da vendere!!!!”dicono, mi rivolgono pensieri che ricorderò a lungo, con affetto. Mi raccontano dell’ultima valanga che ha, ancora una volta, terrorizzato tutti perché è caduta praticamente nel paese, dove l’altro giorno si spalava allegramente…. Nessuno è rimasto sotto perché i presenti …. correvano tutti benissimo!! Il Direttore della PC mi ha chiesto ieri come era andata, con il senno del poi qualche dubbio gli sarà venuto; voleva sapere dell’accoglienza ricevuta, sulla quale ho sorvolato perché aspetto il debriefing per descrivere ciò che è successo e per fare anche un’autocritica. Sono convinta che abbia fatto bene ad attivarci, purtroppo nessuno conosceva le vere condizioni di sopravvivenza della gente e quindi, almeno all’inizio, il disagio è stato forte. Il lunedì il nostro Coordinatore, Maurizio, ci aveva allertato perché la situazione era piuttosto critica. Per me ciò aveva significato mettermi gli scarponi della PC da quel momento in poi…. Dopo qualche ora a Valsavarenche avevo capito che forse…. occuparsi solo dei piedi… non era stato sufficiente!!! E’ anche vero che dall’esperienza si deve imparare e, anche questa volta, spero di aver imparato qualcosa; sicuramente ho sperimentato che solo umiltà, adattabilità e disponibilità ti permettono di aprire un varco nella resistenza, giustificata, delle persone, di comunicare con loro attraverso il linguaggio della condivisione dei valori comuni, in cui ognuno di noi si identifica.
Sorvoliamo la Valle di Cogne, anch’essa isolata per la caduta di 2,30 metri di neve… so che i miei parenti sono stati evacuati e sono al sicuro ma le loro case no…. Persino nel prato di S Orso è scesa una valanga che non si ricorda a memoria d’uomo …. Ogni paravalanga è seppellito da altrettante montagne di neve e tronchi di pini sradicati… Penso anche agli stambecchi e ai camosci, con questa neve sarà un’ecatombe!
Finalmente mi fanno segno che il mio viaggio sta finendo, ci abbassiamo verso il capoluogo della Valsavarenche, Degioz , sepolto dalla neve. Hanno ricavato un piccolo spiazzo per far avvicinare il velivolo che, secondo me troppo lontano dalla ..”madre terra..”, si ferma; il pilota allunga una mano dietro e apre la portina: non ha bisogno di spiegare.. capisco da sola che devo scendere. Non ho neppure concluso l’atterraggio fantozziano che l’elicottero è già ripartito. Guardo l’ovetto che diventa piccolo piccolo in un attimo e poi cerco qualcuno lì intorno. Avevo visto qualche anima dall’altra parte dei cumuli di neve ma non capisco come fare a uscire di lì. Una ragazza mi urla la direzione e finalmente raggiungo il gruppetto: mi si allarga il cuore perché riconosco nelle tre persone una cara conoscente che si sbraccia e dice a tutti: “è lei.. la conosco… è Venturella … è lei… meno male!!”
Miryam sarà il mio angelo custode, il mio salvacondotto per tutto il tempo di permanenza.
Il gruppo che mi accoglie, mi fa capire subito che avrebbero preferito 50 Kg di pane a 50 kg di psicologo!!! Sono bloccati da tre giorni, senza corrente né telefono!
Miryam si svena per farmi la migliore pubblicità che chiunque spererebbe per sé, in una situazione ostile. Questa è gente rude, solida, montanari abituati alle avversità del tempo, pratici e sbrigativi, non pensavano certo di aver bisogni di un medico né tanto meno di una psicologa: spiego che la PC regionale, nelle situazioni di emergenza, applica un protocollo standard che prevede l’invio, nei luoghi isolati, anche di un’équipe medico-sanitaria composta, oltre che dal medico, anche dallo psicologo. In effetti il dottore, un altro “straniero” infagottato in una giacca pesante, arrivato prima di me e rimasto in disparte, si avvicina: è stato catapultato in un ambiente a lui completamente sconosciuto e cerca una complicità nel mio sguardo. Per fortuna il parroco lo prende sottobraccio e lo allontana un poco da lì.
Arriva uno del soccorso alpino e un signore che mi riconosce perché mi ha visto spesso a far fondo nelle loro piste: ciò migliora di molto la mia posizione e da straniera assumo lo status di ….una della zona (è più di quanto sperassi).
Si forma un capannello di gente che si chiede perché hanno mandato su noi due…. E di nuovo Miryam giustifica con autorevolezza la nostra presenza, anzi sa già dove dobbiamo intervenire: nel paese è caduta una valanga che ha travolto quattro case e distrutto metà di un’abitazione; poteva essere una strage perché solo qualche attimo prima in quei locali c’era una famiglia intera (mamma, papà, due bimbe di 2 e 6 anni, nonno, nonna e bisnonna). Convince tutti che, vista la nostra presenza è bene usarci perciò suggerisce la mia visita alla signora anziana e alla mamma, perchè molto spaventate, e quella del medico ad un’altra signora influenzata.
Mi accompagna subito … l’abbraccerei!
La casa è solo 50 metri più in là ma tanto basta a Myriam per aggiornarmi su una situazione familiare complessa. Quando vedo la struttura e una signora anziana che rovista fra poche cose rimaste nel suo ex negozio (la gente del paese ha già liberato tutti e due i piani dalla neve che ha sfondato solo metà dell’edificio) mi si stringe il cuore.
“ ecco cosa resta .. di tutti i sacrifici di una vita…” Ha gli occhi lucidi.. ci abbracciamo. Non c’è bisogno di presentazioni né di parole …più vuote del vuoto che la neve ha lasciato.
Mi racconta che è stata una cosa strana: la valanga si annuncia con un rumore sordo … prolungato e invece è precipitata loro addosso una montagna di neve, sbalzata dopo un salto di roccia: un boato incredibile! Assolutamente imprevedibile!! Chi riuscirà, anche ricostruendo, a tornare la sera a casa tranquillo… chi si fiderà più?!? La signora fruga fra un mucchio di rotoli di carta per alimenti … tutti bagnati … le dico sottovoce che posso aiutarla, se vuole, e raccolgo insieme a lei oggetti indefinibili che però asciughiamo…. Del vecchio negozio restano solo le tracce cartacee, gli scaffali contorti e ammucchiati non servono più a nulla, non c’è traccia di materiale recuperabile.
La signora è poco vestita ma non sembra avere freddo, anche se il gelo lo leggi nei gesti e nei passi.
C’è una famiglia albanese con loro….. avevano poche cose e le hanno perse… tutte.
La signora mi chiede poi di salire dalla nuora e dalle bambine, non sembravano spaventate ma non riescono a dormire….
Entro in una bella cucina incredibilmente calda … il fuoco nella stufa a legna scoppietta… La mamma, le due bambine e la loro maestra nonché cugina, sono sedute intorno al tavolo, tutte impegnate a creare con il didò. Myriam spiega chi sono, la mamma sorride timidamente, la maestra mi saluta: hanno lo stesso sguardo di chi è scampato ad una tragedia ma sta già facendo i conti con il poi. Parliamo un po’ delle bimbe, del loro disagio … appena percettibile … ma non riescono più a dormire, la più piccola piange per nulla, la più grande comunica a monosillabi. Con la maestra concordiamo che è fondamentale riaprire la scuola, riportare un po’ di normalità e una routine securizzante. Sono dieci bambini di tutte le classi, sparpagliati in tante piccole frazioni, purtroppo non raggiungibili se non a piedi. Pazienza, tutti quelli che possono devono tornare a scuola, almeno qualche ora.
Non sarà facile convincere, a cena, la più alta autorità comunale presente che alla fine garantisce un ripristino almeno parziale del riscaldamento in un’aula, per il giorno dopo.
Non mi rendo conto che fuori è già buio, saluto tutti e raggiungo Myriam; mi spiega che la situazione è molto critica: la PC ha fatto in tempo a trasportare solo tre generatori e tutte le case della frazione sono senza luce, il telefono continua a non funzionare, le risorse alimentari stanno scarseggiando e in poche case c’è l’acqua corrente, ovviamente gelida. Mi conduce a casa della mamma dove questa sera si raccoglieranno una decina di persone: hanno dovuto cucinare una gran quantità di carne scongelata perché il congelatore è spento da tre giorni perciò posso considerarmi invitata a cena!! Io già pensavo tristemente a consumare la mia riserva (la mela) da qualche parte, ma dove???
In quella situazione forse nessuno ad Aosta si è reso conto che ospitare anche solo due persone è un problema; le poche case con riscaldamento funzionante sono già sovraffollate perché molti hanno lasciato il loro domicilio per raggrupparsi nel capoluogo…. Una vicina di casa di Miryam mi offre una stanza (non riscaldata) nella sua abitazione….. va benissimo, il dottore invece dormirà dal parroco.
Passiamo alcune ore insieme e chiacchieriamo serenamente a lume di candela; ricordo i tempi passati in cui l’inverno spesso significava rimanere per dei giorni senza luce né corrente e bisognava risparmiare anche le candele! Si crea un bel clima, mi sento e mi trattano come una di loro.
Sono le 23 quando decido di andare a dormire: la stanza è al secondo piano di una casa accogliente ma la temperatura è proibitiva. Dopo una toilette velocissima, l’acqua è poca e gelida, mi caccio, vestita, sotto una montagna di coperte talmente pesante che limiterà qualsiasi spostamento nel letto. E’ incredibile ma ciò che più mi manca è poter comunicare con i miei e con i colleghi rimasti giù, dopo essere stati allertati: che penseranno? Meri si preoccuperà di sicuro… sorveglio il passare delle ore, controllando la piccola stella visibile, dalla finestra, nello spicchio di cielo e penso che se quella resiste, domani sarà sereno. Finalmente giunge l’alba: il cielo è ancora ingombro di nuvole ma gli squarci di azzurro si fanno largo prepotentemente.
Dopo un caffè veloce mi dicono che ci sono tre situazioni da verificare, in frazioni distanti fra loro: un’anziana signora che vive da sola in un piccolissimo paese, una mamma con una bimba di quattro anni, che sta in un agriturismo sepolto dalla neve e un’altra signora, con un bimbo di pochi mesi, che sembrava molto provata dalla situazione.
Il proprietario di un negozietto ha raggiunto il capoluogo prendendosi un elicottero privato, ha portato del pane fresco… che impacchettiamo per distribuirlo; capisce che non sono del paese e mi regala due macchine fotografiche “usa e getta” scadute ma funzionanti … così potrò immortalare alcuni momenti preziosi.
Il dottore viene con noi, per solidarietà: la signora, ottantaseienne, ci accoglie dal balcone con un gran sorriso, è felice di vederci, sta bene, le portiamo un po’ di pane fresco… lei dice che è abituata a inverni così …racconta di sé, della casa, delle valanghe che ha già visto. Quando la salutiamo ci consiglia di fare attenzione perché il sentiero è gelato e lei non ha potuto buttare il sale!!!
All’agriturismo la situazione è sotto controllo, la pala ha già riaperto parte del sentiero; la mamma è tranquilla: la bimba dormiva mentre lei e il fratello tentavano di controllare il fuoco della caldaia (a rischio di incendio per mancanza di corrente), buttando nella neve grossi tronchi incandescenti.
La terza persona invece ci accoglie con un po’ di disagio: c’è stata una brutta lite con la vicina e lei si sente vittima di una situazione ingiusta, avrebbe voluto un generatore perché con il bimbo piccolo è difficile controllare il fuoco della stufa … ma lei, che è genovese, raramente si sente capita dagli autoctoni e in una situazione già tesa di per sé, tutto peggiora. Le garantiamo che entro sera avrà un generatore.
Quando rientriamo faccio personalmente l’elenco, a chi preposto in PC, di tutto ciò che dovranno trasportare con le prime rotazioni; il fax ovviamente non funziona così saltano tutte le procedure e la catena di comando ma la richiesta va a buon fine.
Insieme al parroco andiamo dove la valanga ha distrutto tre o quattro case; qualche misero resto (una scarpa, un mucchio di abiti, uno stendino…) spunta dai mucchi disordinati di neve: molti proprietari hanno già telefonato più volte per avere notizie ma chi ha il coraggio di dir loro la verità?
La macchina del guardaparco, che ci ha trasportato nell’ultima frazione a valle, si ferma vicino ad uno chalet semi travolto dal soffio della valanga: appartiene ad un signore anziano, solo e disperato; alcune persone stanno liberando l’ingresso dalla neve… ci fermiamo… ci sono delle pale, ognuno di noi ne prende una e incomincia a spalare, non c’è bisogno di parlare, ormai ci muoviamo tutti con gran sintonia.
Ogni tanto qualcuno avverte, come se nulla fosse, “valangaaaa…!!” e tutti corrono per evitare la sua traiettoria; si leva un gran nuvolone di polvere ma il tutto si esaurisce in pochi minuti …. Se ci fai l’abitudine!!
Non ci accorgiamo che il tempo è volato… il buio sta calando in fretta e un’altra notte si sta ingoiando l’ultimo chiarore. Sono ormai passati 15 giorni dalla prima chiusura della strada per le vallate laterali di Valsavarenche, Champorcher, Gressoney, Champoluc, Cogne, Valgrisenche e Rhemes. La situazione si è normalizzata, le vie sono quasi tutte aperte perciò oggi sono risalita in auto per ritrovare gli amici di Valsavarenche: sì, posso chiamarli così perché così mi son sentita quando mi hanno riaccompagnata all’elicottero, circa cinque giorni fa. Quando entro nell’unico bar aperto, più persone mi vengono incontro, son felici di rivedermi, mi abbracciano, qualcuno si commuove, avvertono gli altri che sono lì, mi presentano ai pochi turisti basiti, mi vogliono far bere e mangiare, “ora ne abbiamo da vendere!!!!”dicono, mi rivolgono pensieri che ricorderò a lungo, con affetto. Mi raccontano dell’ultima valanga che ha, ancora una volta, terrorizzato tutti perché è caduta praticamente nel paese, dove l’altro giorno si spalava allegramente…. Nessuno è rimasto sotto perché i presenti …. correvano tutti benissimo!! Il Direttore della PC mi ha chiesto ieri come era andata, con il senno del poi qualche dubbio gli sarà venuto; voleva sapere dell’accoglienza ricevuta, sulla quale ho sorvolato perché aspetto il debriefing per descrivere ciò che è successo e per fare anche un’autocritica. Sono convinta che abbia fatto bene ad attivarci, purtroppo nessuno conosceva le vere condizioni di sopravvivenza della gente e quindi, almeno all’inizio, il disagio è stato forte. Il lunedì il nostro Coordinatore, Maurizio, ci aveva allertato perché la situazione era piuttosto critica. Per me ciò aveva significato mettermi gli scarponi della PC da quel momento in poi…. Dopo qualche ora a Valsavarenche avevo capito che forse…. occuparsi solo dei piedi… non era stato sufficiente!!! E’ anche vero che dall’esperienza si deve imparare e, anche questa volta, spero di aver imparato qualcosa; sicuramente ho sperimentato che solo umiltà, adattabilità e disponibilità ti permettono di aprire un varco nella resistenza, giustificata, delle persone, di comunicare con loro attraverso il linguaggio della condivisione dei valori comuni, in cui ognuno di noi si identifica.
Elvira Venturella
APRILE 2009 - Terremoto in Abruzzo
1° incontro organizzativo
Ci attendevano alla riunione del Coordinamento Psicologi del Dipartimento, situato al primo piano del DI COMAC, un ampio capannone, tutto vetri e strutture tubolari che ospitava i responsabili di tutti gli enti e le associazioni presenti in loco. Giulia, la coordinatrice della funzione psicologica della PC nazionale, stravolta per le numerosissime ore di lavoro e le pochissime ore di sonno, stava illustrando la situazione; da subito emergeva la necessità di un intervento urgente presso il capannone allestito da obitorio, dove si stavano ammassando oltre centocinquanta salme, alcune delle quali ancora da identificare. I colleghi presenti dal mattino avevano già supportato i familiari nel riconoscimento dei corpi e non se la sentivano più di ritornare il giorno dopo: erano “bruciati”. Il lavoro da compiere non poteva essere tollerato per più di un giorno, il livello di sofferenza a cui si era esposti non lo permetteva.
Alla nostra squadra è stato quindi affidato il compito di continuare, il giorno dopo, nell’accompagnamento dei parenti all’identificazione dei loro cari.
Siamo tornati verso le 23 dai nostri logisti, pensando di poterci buttare in branda e dormire; conoscevamo bene ciò che ci avrebbe atteso la mattina dopo, essendo abituati a lavorare nell’emergenza e nelle situazioni di tragedie familiari.
Purtroppo il campo non poteva essere montato lì, nel piazzale della Scuola della G.di F. perché la destinazione del resto della colonna non era ancora chiaro: la cucina degli alpini in realtà doveva essere destinata ad altra area, quindi i nostri colleghi stavano montando solo la tenda per dormire.
Quella sera nessuno di noi in realtà ha dormito, vuoi per il rumoreggiare di alcuni, vuoi per la preoccupazione del giorno dopo.
All’obitorio
Al mattino alle 7 eravamo pronti ad immergerci nella realtà dell’obitorio ma neanche la più potente capacità immaginativa avrebbe potuto prepararci a quanto abbiamo poi vissuto. Gianni e Serena, due colleghi del Lazio, hanno voluto restare con noi anche il mattino dopo, malgrado fossero stati all’obitorio tutto il giorno prima...grazie per tanta generosità.
L’obitorio era situato in un grande magazzino, posto un po’ più in alto rispetto al resto della struttura, con un ampio spiazzo antistante, all’aperto: vi era un’entrata per le ambulanze, che trasportavano i corpi tratti dalle macerie, e un’entrata per i parenti che accedevano a quel luogo irreale, dopo aver risposto ad alcune domande dei finanzieri.La procedura del riconoscimento era estenuante: arrivava un parente, dopo qualche indizio dato al poliziotto della scientifica, lo accompagnavamo dove i corpi erano allineati (qualcuno già dentro la bara, qualcuno avvolto nella coperta con cui l’avevano trovato o in teli di fortuna) e si era fortunati quando l’identificazione avveniva al primo tentativo, perché la descrizione dei familiari era abbastanza precisa e il cadavere era abbastanza riconoscibile, almeno da qualche elemento fornito.
Non era un gran tratto di strada da percorrere ma i passi si facevano sempre più pesanti e dopo 15 – 20 riconoscimenti le gambe rispondevano al comando a fatica, sembrava che in qualche modo si opponessero, al pari dei parenti, all’amara constatazione della realtà
In quell’atmosfera di disperazione, rabbia, rassegnazione, strazio e impotenza qualcuno si accasciava sul corpo identificato ed era un’impresa strapparlo da lì e nessuno aveva il coraggio di farlo quando il corpo era quello di un figlio, di un nipote, di un bambino.
I minuti passavano e l’odore di morte, nauseabondo e appiccicaticcio, penetrava nei nostri vestiti, nel nostro corpo, nel nostro viso non protetto da inutili mascherine… con le lacrime agli occhi, di cui nessuno ormai si vergognava più, abbracciavamo la persona, la stringevamo, la guidavamo per allontanarla da lì, per accompagnarla fuori, all’aperto dove una collega poteva prendersi cura di lei, farla sedere, proteggerla dal sole, offrirle qualcosa da bere, accogliere la sua sofferenza indescrivibile. Susy e Sonia, logiste della nostra colonna mobile, sono state preziose nell' aiutarci a distribuire acqua, tè, fazzolettini, a sostenere e guidare, proteggere e consolare: hanno accettato di immergersi, per qualche ora, in una terribile realtà a cui, per fortuna, non erano abituate ma sono state coraggiose ed efficaci.
Quando si trattava di una coppia, un nucleo di sopravvissuti, un gruppo di amici, l’opera di contenimento diventava ardua: eravamo in due, a volte in tre e tentavamo di mantenere il gruppo riunito perché ogni membro attingesse forza e coraggio l’uno dall' altro, li esortavamo a stare vicini, a stringersi, a salutare la salma un’ultima volta, a lasciare un bacio, un pensiero ….
Noi, per trovare la forza di andare avanti, cercavamo ogni tanto lo sguardo di un collega, non dicevamo nulla ma quell' incontrarsi con gli occhi, ci dava coraggio, ci faceva sentire uniti e solidali.
E poi si doveva affrontare la prassi burocratica: il verbale, con dei finanzieri straordinari che cercavano in tutti i modi di alleviare la pena, la dichiarazione di morte con i carabinieri, il timbro di ufficializzazione del decesso con un impiegato del comune. Code a volte infinite, inspiegabili per i più, intollerabili per tutti. Eppure le persone si mettevano in fila, docilmente, silenziosamente, quasi che l’abitudine alla rassegnazione di fronte a tali eventi catastrofici li avesse assuefatti, anestetizzati. I pochissimi che avevano il coraggio di ribellarsi, erano da noi appoggiati, sostenuti…
I ragazzi della G. di F., alcuni dei quali poco più che ventenni e da pochi mesi alla scuola, cercavano in tutti i modi di assolvere al loro compito con efficienza e umanità… quanta umanità, calore, comprensione ….. Bravi, bravi ragazzi capaci e sensibili, generosi e attenti: questa è parte di quella gioventù di cui possiamo davvero andar fieri.
Il piazzale, assolato e affollato sempre più di parenti, sembrava contenere a stento la loro presenza ma soprattutto l’andare e venire delle ambulanze: appena ne arrivava una tutti si avvicinavano per capire se il loro caro, non ancora recuperato, potesse essere lì. Per avere una certezza o per coltivare un’ultima flebile speranza.
Nel capannone arrivarono più di duecentottanta corpi.
Quanti giovani…. quante famiglie distrutte…… quanti figli, genitori, nipoti, nonni, fidanzati: è impossibile immaginare quanta sofferenza l’essere umano è in grado di sopportare…. Abbiamo avuto la sensazione di trovarci nell’ inferno dantesco, ingiustamente proiettato sulla terra!
La pausa del pranzo e della cena ci ha strappato da quell’ inaudita sofferenza per qualche attimo: era difficile restare, era impossibile andarsene. Il legame che si crea in certe situazioni lascia una traccia indelebile nelle persone che si sono incontrate per un attimo, forse il più doloroso della loro vita: è una traccia forte, pregnante, indimenticabile.
E il giorno dei funerali abbiamo potuto verificarlo: quando le persone ci riconoscevano ci venivano incontro con le braccia aperte, ci si abbracciava, si piangeva, si riannodava quel legame invisibile...
Ci attendevano alla riunione del Coordinamento Psicologi del Dipartimento, situato al primo piano del DI COMAC, un ampio capannone, tutto vetri e strutture tubolari che ospitava i responsabili di tutti gli enti e le associazioni presenti in loco. Giulia, la coordinatrice della funzione psicologica della PC nazionale, stravolta per le numerosissime ore di lavoro e le pochissime ore di sonno, stava illustrando la situazione; da subito emergeva la necessità di un intervento urgente presso il capannone allestito da obitorio, dove si stavano ammassando oltre centocinquanta salme, alcune delle quali ancora da identificare. I colleghi presenti dal mattino avevano già supportato i familiari nel riconoscimento dei corpi e non se la sentivano più di ritornare il giorno dopo: erano “bruciati”. Il lavoro da compiere non poteva essere tollerato per più di un giorno, il livello di sofferenza a cui si era esposti non lo permetteva.
Alla nostra squadra è stato quindi affidato il compito di continuare, il giorno dopo, nell’accompagnamento dei parenti all’identificazione dei loro cari.
Siamo tornati verso le 23 dai nostri logisti, pensando di poterci buttare in branda e dormire; conoscevamo bene ciò che ci avrebbe atteso la mattina dopo, essendo abituati a lavorare nell’emergenza e nelle situazioni di tragedie familiari.
Purtroppo il campo non poteva essere montato lì, nel piazzale della Scuola della G.di F. perché la destinazione del resto della colonna non era ancora chiaro: la cucina degli alpini in realtà doveva essere destinata ad altra area, quindi i nostri colleghi stavano montando solo la tenda per dormire.
Quella sera nessuno di noi in realtà ha dormito, vuoi per il rumoreggiare di alcuni, vuoi per la preoccupazione del giorno dopo.
All’obitorio
Al mattino alle 7 eravamo pronti ad immergerci nella realtà dell’obitorio ma neanche la più potente capacità immaginativa avrebbe potuto prepararci a quanto abbiamo poi vissuto. Gianni e Serena, due colleghi del Lazio, hanno voluto restare con noi anche il mattino dopo, malgrado fossero stati all’obitorio tutto il giorno prima...grazie per tanta generosità.
L’obitorio era situato in un grande magazzino, posto un po’ più in alto rispetto al resto della struttura, con un ampio spiazzo antistante, all’aperto: vi era un’entrata per le ambulanze, che trasportavano i corpi tratti dalle macerie, e un’entrata per i parenti che accedevano a quel luogo irreale, dopo aver risposto ad alcune domande dei finanzieri.La procedura del riconoscimento era estenuante: arrivava un parente, dopo qualche indizio dato al poliziotto della scientifica, lo accompagnavamo dove i corpi erano allineati (qualcuno già dentro la bara, qualcuno avvolto nella coperta con cui l’avevano trovato o in teli di fortuna) e si era fortunati quando l’identificazione avveniva al primo tentativo, perché la descrizione dei familiari era abbastanza precisa e il cadavere era abbastanza riconoscibile, almeno da qualche elemento fornito.
Non era un gran tratto di strada da percorrere ma i passi si facevano sempre più pesanti e dopo 15 – 20 riconoscimenti le gambe rispondevano al comando a fatica, sembrava che in qualche modo si opponessero, al pari dei parenti, all’amara constatazione della realtà
In quell’atmosfera di disperazione, rabbia, rassegnazione, strazio e impotenza qualcuno si accasciava sul corpo identificato ed era un’impresa strapparlo da lì e nessuno aveva il coraggio di farlo quando il corpo era quello di un figlio, di un nipote, di un bambino.
I minuti passavano e l’odore di morte, nauseabondo e appiccicaticcio, penetrava nei nostri vestiti, nel nostro corpo, nel nostro viso non protetto da inutili mascherine… con le lacrime agli occhi, di cui nessuno ormai si vergognava più, abbracciavamo la persona, la stringevamo, la guidavamo per allontanarla da lì, per accompagnarla fuori, all’aperto dove una collega poteva prendersi cura di lei, farla sedere, proteggerla dal sole, offrirle qualcosa da bere, accogliere la sua sofferenza indescrivibile. Susy e Sonia, logiste della nostra colonna mobile, sono state preziose nell' aiutarci a distribuire acqua, tè, fazzolettini, a sostenere e guidare, proteggere e consolare: hanno accettato di immergersi, per qualche ora, in una terribile realtà a cui, per fortuna, non erano abituate ma sono state coraggiose ed efficaci.
Quando si trattava di una coppia, un nucleo di sopravvissuti, un gruppo di amici, l’opera di contenimento diventava ardua: eravamo in due, a volte in tre e tentavamo di mantenere il gruppo riunito perché ogni membro attingesse forza e coraggio l’uno dall' altro, li esortavamo a stare vicini, a stringersi, a salutare la salma un’ultima volta, a lasciare un bacio, un pensiero ….
Noi, per trovare la forza di andare avanti, cercavamo ogni tanto lo sguardo di un collega, non dicevamo nulla ma quell' incontrarsi con gli occhi, ci dava coraggio, ci faceva sentire uniti e solidali.
E poi si doveva affrontare la prassi burocratica: il verbale, con dei finanzieri straordinari che cercavano in tutti i modi di alleviare la pena, la dichiarazione di morte con i carabinieri, il timbro di ufficializzazione del decesso con un impiegato del comune. Code a volte infinite, inspiegabili per i più, intollerabili per tutti. Eppure le persone si mettevano in fila, docilmente, silenziosamente, quasi che l’abitudine alla rassegnazione di fronte a tali eventi catastrofici li avesse assuefatti, anestetizzati. I pochissimi che avevano il coraggio di ribellarsi, erano da noi appoggiati, sostenuti…
I ragazzi della G. di F., alcuni dei quali poco più che ventenni e da pochi mesi alla scuola, cercavano in tutti i modi di assolvere al loro compito con efficienza e umanità… quanta umanità, calore, comprensione ….. Bravi, bravi ragazzi capaci e sensibili, generosi e attenti: questa è parte di quella gioventù di cui possiamo davvero andar fieri.
Il piazzale, assolato e affollato sempre più di parenti, sembrava contenere a stento la loro presenza ma soprattutto l’andare e venire delle ambulanze: appena ne arrivava una tutti si avvicinavano per capire se il loro caro, non ancora recuperato, potesse essere lì. Per avere una certezza o per coltivare un’ultima flebile speranza.
Nel capannone arrivarono più di duecentottanta corpi.
Quanti giovani…. quante famiglie distrutte…… quanti figli, genitori, nipoti, nonni, fidanzati: è impossibile immaginare quanta sofferenza l’essere umano è in grado di sopportare…. Abbiamo avuto la sensazione di trovarci nell’ inferno dantesco, ingiustamente proiettato sulla terra!
La pausa del pranzo e della cena ci ha strappato da quell’ inaudita sofferenza per qualche attimo: era difficile restare, era impossibile andarsene. Il legame che si crea in certe situazioni lascia una traccia indelebile nelle persone che si sono incontrate per un attimo, forse il più doloroso della loro vita: è una traccia forte, pregnante, indimenticabile.
E il giorno dei funerali abbiamo potuto verificarlo: quando le persone ci riconoscevano ci venivano incontro con le braccia aperte, ci si abbracciava, si piangeva, si riannodava quel legame invisibile...
Comune di Lucoli Campo San Menna
Quando siamo arrivati, tre giorni dopo, all’area di destinazione, ci è sembrato di rivivere... Gente "normale", sofferente ma che viveva... mangiava e dormiva.... al freddissimo (soprattutto a Campo Felice) ma in una realtà che comunque poteva riprendere una sorta di routine.
Il campo ufficiale di San Menna, del comune di Lucoli, gestito dalla Valle d'Aosta, era collocato in un’area sportiva: una cinquantina di tende, montate dall’esercito, che offrivano rifugio a circa duecento persone. Un po’ per volta a queste si sono aggiunte le nostre tende e il capannone per la mensa. Il campo di San Giovanni, collocato poco sopra San Menna, era composto da una decina di tende e ospitava un’ottantina di persone, tutte determinate a “non confondersi” con i paesani di San Menna e soprattutto a sottolineare la loro autosufficienza e capacità di sopravvivenza autonoma.
Nel campo ufficiale, come Associazione di Psicologi per i Popoli, Meri e Sonia hanno realizzato iniziative importanti e ben riuscite per:
Vi sono stati anche momenti distensivi, quasi di allegria: la sera di Pasqua abbiamo tutti insieme cantato e sorriso all’enfasi dello “stornellare” dei ragazzi del paese. Ci siamo sentiti vicini, con un comune sentire, con una condivisione profonda del sentimento di appartenenza, di coesione del gruppo in cui ognuno si identificava.
Accampamento di Campo Felice
A Campo Felice, un accampamento con circa 14 tende e un centinaio di sfollati, sorto per volere della popolazione che invece di scendere più a valle si è rifugiata più in alto (a 1600 m), è stato complicato anche solo stabilire quali spazi potevamo occupare (con la tenda per lo “spazio gioco” riservato ai bambini) e mantenere: gli abitanti sono una "tribù" un pò ai margini ma molto orgogliosa di esserlo, con punte di autodeterminazione che dall’esterno non sempre paiono a favore del "bene pubblico".
Gli scout, già presenti in loco, sono stati una risorsa preziosa sia nelle attività di montaggio e spostamento della tenda per i bambini, sia nel gestire lo “spazio gioco”, anche se le condizioni climatiche erano quasi sempre proibitive. La tenda non era riscaldata e la temperatura non superava generalmente i 5/6 gradi (è anche nevicato). Malgrado fosse stato trasportato un generatore, era impossibile creare un collegamento elettrico per una stufetta.
Qui hanno partecipato alle attività ludico-ricreative pochi bambini perchè erano quasi sempre malati (non solo a causa del freddo ma anche per una fastidiosa infezione intestinale che ha colpito anche noi).
Comunque, lavando l'insalata, preparando il minestrone con le anziane del posto e organizzando un torneo di carte con i ragazzi,giovani e meno giovani, siamo riuscite, Doris ed io, a insinuarci nel tessuto locale vivendo pochi ma commoventi contatti con alcuni anziani e adulti disponibili.
Ad altri è stata offerta ed accettata la possibilità di un supporto individualizzato.
Non ci fosse stato il nostro logista Leo (unica presenza maschile, all’interno del nostro gruppetto, autorevole per il capo tribù) sarebbe stato impossibile raggiungere il campo tutti i giorni (il nostro pulmino si inerpicava all’interno della valle, su percorsi che richiedevano una guida sicura) e "tenere duro"!
Malgrado le tante difficoltà, la sofferenza che aleggiava ovunque, l’angoscia e l’incertezza del futuro per gli sfollati che via via aumentavano, la paura delle scosse che continuavano incessantemente, il maltempo che imperversava, abbiamo vissuto un’esperienza indimenticabile, ricca di rapporti profondi, intensi, dove la gratitudine delle persone, sentimento ormai raro nella realtà odierna, permeava ogni sguardo, ogni contatto anche fugace.
Siamo tornati nel mese di giugno, con un unico cambio all'interno della squadra, per motivi di saluti. L'accoglienza straordinaria della popolazione di Lucoli ci ha confortato e fatto sentire davvero speciali! Il nostro intervento, dopo un periodo così lungo di adattamento all'emergenza per le persone che stavano ancora nel campo, è stato più semplice: si era ricostruito un "sistema socio-ambientale" che riproduceva un ritmo quasi normale di vita quotidiana, con tutti i "vizi e virtù" della vita di paese.
E' incredibile come le tragedie più grandi ti possano far avvicinare alla vera essenza dell'umanità, che è quella di percepire, profondamente e intimamente il sentimento di appartenenza allo stesso branco, quanto cioè siamo in grado di cogliere, di sentire in ogni più piccola nostra cellula il sentire dell'altro, le sue emozioni, la sofferenza e la gioia, in una parola "la solidarietà" verso chi ha bisogno di aiuto.
Quando siamo arrivati, tre giorni dopo, all’area di destinazione, ci è sembrato di rivivere... Gente "normale", sofferente ma che viveva... mangiava e dormiva.... al freddissimo (soprattutto a Campo Felice) ma in una realtà che comunque poteva riprendere una sorta di routine.
Il campo ufficiale di San Menna, del comune di Lucoli, gestito dalla Valle d'Aosta, era collocato in un’area sportiva: una cinquantina di tende, montate dall’esercito, che offrivano rifugio a circa duecento persone. Un po’ per volta a queste si sono aggiunte le nostre tende e il capannone per la mensa. Il campo di San Giovanni, collocato poco sopra San Menna, era composto da una decina di tende e ospitava un’ottantina di persone, tutte determinate a “non confondersi” con i paesani di San Menna e soprattutto a sottolineare la loro autosufficienza e capacità di sopravvivenza autonoma.
Nel campo ufficiale, come Associazione di Psicologi per i Popoli, Meri e Sonia hanno realizzato iniziative importanti e ben riuscite per:
Vi sono stati anche momenti distensivi, quasi di allegria: la sera di Pasqua abbiamo tutti insieme cantato e sorriso all’enfasi dello “stornellare” dei ragazzi del paese. Ci siamo sentiti vicini, con un comune sentire, con una condivisione profonda del sentimento di appartenenza, di coesione del gruppo in cui ognuno si identificava.
Accampamento di Campo Felice
A Campo Felice, un accampamento con circa 14 tende e un centinaio di sfollati, sorto per volere della popolazione che invece di scendere più a valle si è rifugiata più in alto (a 1600 m), è stato complicato anche solo stabilire quali spazi potevamo occupare (con la tenda per lo “spazio gioco” riservato ai bambini) e mantenere: gli abitanti sono una "tribù" un pò ai margini ma molto orgogliosa di esserlo, con punte di autodeterminazione che dall’esterno non sempre paiono a favore del "bene pubblico".
Gli scout, già presenti in loco, sono stati una risorsa preziosa sia nelle attività di montaggio e spostamento della tenda per i bambini, sia nel gestire lo “spazio gioco”, anche se le condizioni climatiche erano quasi sempre proibitive. La tenda non era riscaldata e la temperatura non superava generalmente i 5/6 gradi (è anche nevicato). Malgrado fosse stato trasportato un generatore, era impossibile creare un collegamento elettrico per una stufetta.
Qui hanno partecipato alle attività ludico-ricreative pochi bambini perchè erano quasi sempre malati (non solo a causa del freddo ma anche per una fastidiosa infezione intestinale che ha colpito anche noi).
Comunque, lavando l'insalata, preparando il minestrone con le anziane del posto e organizzando un torneo di carte con i ragazzi,giovani e meno giovani, siamo riuscite, Doris ed io, a insinuarci nel tessuto locale vivendo pochi ma commoventi contatti con alcuni anziani e adulti disponibili.
Ad altri è stata offerta ed accettata la possibilità di un supporto individualizzato.
Non ci fosse stato il nostro logista Leo (unica presenza maschile, all’interno del nostro gruppetto, autorevole per il capo tribù) sarebbe stato impossibile raggiungere il campo tutti i giorni (il nostro pulmino si inerpicava all’interno della valle, su percorsi che richiedevano una guida sicura) e "tenere duro"!
Malgrado le tante difficoltà, la sofferenza che aleggiava ovunque, l’angoscia e l’incertezza del futuro per gli sfollati che via via aumentavano, la paura delle scosse che continuavano incessantemente, il maltempo che imperversava, abbiamo vissuto un’esperienza indimenticabile, ricca di rapporti profondi, intensi, dove la gratitudine delle persone, sentimento ormai raro nella realtà odierna, permeava ogni sguardo, ogni contatto anche fugace.
Siamo tornati nel mese di giugno, con un unico cambio all'interno della squadra, per motivi di saluti. L'accoglienza straordinaria della popolazione di Lucoli ci ha confortato e fatto sentire davvero speciali! Il nostro intervento, dopo un periodo così lungo di adattamento all'emergenza per le persone che stavano ancora nel campo, è stato più semplice: si era ricostruito un "sistema socio-ambientale" che riproduceva un ritmo quasi normale di vita quotidiana, con tutti i "vizi e virtù" della vita di paese.
E' incredibile come le tragedie più grandi ti possano far avvicinare alla vera essenza dell'umanità, che è quella di percepire, profondamente e intimamente il sentimento di appartenenza allo stesso branco, quanto cioè siamo in grado di cogliere, di sentire in ogni più piccola nostra cellula il sentire dell'altro, le sue emozioni, la sofferenza e la gioia, in una parola "la solidarietà" verso chi ha bisogno di aiuto.